ALICE MILLER La persecuzione del bambino Le radici della violenza BORINGHIERI
CAPITOLO 1 La 'pedagogia nera'
Introduzione Chiunque sia stato genitore e
non viva in uno stato di perfetto autoinganno sa per
esperienza come possa riuscire difficile tollerare certi
aspetti del carattere del proprio figlio. Accorgersi di
questo è particolarmente doloroso, se vogliamo bene al
bambino, desideriamo realmente rispettarne
l'individualità e tuttavia non ci riusciamo.
Magnanimità e tolleranza non si possono raggiungere con
l'aiuto di conoscenze intellettuali. Se non abbiamo avuto
la possibilità di vivere e rielaborare in modo cosciente
il disprezzo di cui siamo stati vittime nella nostra
infanzia, continueremo a riprodurlo e a trasmetterlo ai
nostri figli. La conoscenza puramente intellettuale delle
leggi dello sviluppo infantile non ci impedisce di
provare irritazione o rabbia se il comportamento di
nostro figlio non corrisponde alle nostre idee, se non è
in sintonia con i nostri bisogni o se - peggio ancora -
minaccia i nostri meccanismi di difesa. Per i bambini le cose stanno
in tutt'altro modo: essi non sono intralciati da alcuna
storia precedente e la loro tolleranza nei
confronti dei genitori è illimitata. Ogni
crudeltà psichica, cosciente o inconscia, compiuta dai
genitori è difesa con sicurezza nell'amore del bambino
dalla possibilità di venire scoperta. Tutto ciò che si
può impunemente pretendere da un bambino si può
ricavare facilmente dai più recenti resoconti di storie
di bambini (vedi per esempio Ariès, 1960; Helfer e
Kempe, 1968; Schatzman, 1973; De Mause, 1974). Le mutilazioni, lo
sfruttamento e le persecuzioni sul piano fisico praticati
un tempo sui bambini, nell'età moderna paiono sempre
più essere stati soppiantati da forme di crudeltà
psichica che inoltre si riusciva a mistificare
mascherandola dietro il termine eufemistico di
'educazione". Dato che, presso alcuni popoli
l'educazione cominciava già nel periodo
dell'allattamento, nella fase del legame simbiotico tra
madre e bambino, tale condizionamento precoce garantiva
che il bambino non riuscisse mai a scoprire come
veramente stessero le cose. La dipendenza del bambino
dall'amore dei suoi genitori gli renderà impossibile
anche in seguito riconoscere i traumi che spesso restano
celati per tutta la vita dietro l'idealizzazione dei
genitori che avviene nei primi anni dell'esistenza. Il padre di Schreber, il
paziente paranoico descritto da Freud, aveva pubblicato
intorno alla metà del diciannovesimo secolo parecchi
libri di pedagogia; in Germania essi erano divenuti così
popolari che alcuni ebbero una quarantina di edizioni e
vennero tradotti in numerose lingue. In quegli scritti
viene di continuo ribadito che si dovrebbe cominciare a
educare il bambino al più presto, già a partire dal
quinto mese di vita, se si vuole estirpare da lui la
"malerba". Ho trovato opinioni analoghe
espresse in lettere e diari scritti da genitori. Per un
osservatore esterno esse chiariscono molto bene i motivi
che stanno alla base dei gravi disturbi dei loro figli,
che in seguito divennero miei pazienti. Questi ultimi,
tuttavia, sulle prime non erano neppure in grado di
servirsi di quei diari e si rese necessaria un'analisi
lunga e approfondita prima che essi potessero
semplicemente scorgere la realtà che vi era descritta.
Essi dovettero anzitutto liberarsi dallo stretto legame
con i loro genitori per acquisire una personalità
autonoma. La convinzione che ogni
diritto stia dalla parte dei genitori e che ogni
crudeltà - cosciente o inconscia - sia espressione del
loro amore rimane radicata così profondamente
nell'essere umano perché si fonda sulle introiezioni che
avvengono nei primi mesi di vita, ossia nel periodo che
precede la separazione dall'oggetto. Due passi tratti dai consigli
che il dottor Schreber rivolgeva agli educatori nel 1858
possono servire a illustrare in che modo si svolga di
solito questo processo: Quali primi
cimenti in cui devono farsi valere i principi educativi
spirituali vanno considerati i capricci dei più piccini
che si annunciano con urla e pianti immotivati (...) Se
si è convinti che non ci siano bisogni reali, condizioni
disturbanti o dolorose, o malattie, si può star certi
che gli strilli sono la pura e semplice espressione di un
capriccio, di un ghiribizzo, la prima apparizione della
volontà individuale. Ora non è più possibile
comportarsi come all'inizio limitandosi a sorvegliare il
bambino, ma bisogna procedere in modo un poco più
positivo: mediante rapida distrazione dell'attenzione,
parole severe, gesti minacciosi, colpi contro il letto...
o quando tutto ciò non sia più possibile mediante
moderati avvertimenti corporali, segnati da brevi pause e
ripetuti uniformemente fintanto che il bambino non si
acquieti o si addormenti (...) Il dottor Schreber non sa che
egli in sostanza combatte nei bambini i suoi propri
impulsi e non lo sfiora il pur minimo dubbio sul fatto di
esercitare il suo potere esclusivamente nell'interesse
del bambino: "Se i genitori si mantengono fedeli a
questo principio, saranno presto ricompensati
dall'instaurarsi di quella meravigliosa relazione in cui
il bambino è quasi sempre comandato da un semplice
sguardo dei genitori" (ibid., pp. 41 sg.). Nel Dramma mi era
parso rilevante richiamare l'attenzione sul fatto che gli
sguardi repressivi e sprezzanti ricevuti dal lattante
possono contribuire alla comparsa di gravi disturbi, tra
cui perversioni e nevrosi ossessive, nell'età adulta.
Nella famiglia Schreber non era la madre effettiva a
"comandare con lo sguardo" i due figli
quand'erano lattanti, bensì il padre. Entrambi i figli
soffrirono in seguito di malattie mentali caratterizzate
da mania di persecuzione. Fino a questo momento non mi sono mai occupata di teorie sociologiche relative ai ruoli del padre e della madre. Negli ultimi decenni è aumentato sempre di più il numero dei padri che assumono anche le funzioni materne positive e che sono capaci di dimostrare al bambino tenerezza, calore e immedesimazione nei suoi bisogni. Al contrario che ai tempi della famiglia patriarcale, oggi ci troviamo in una fase di sano sperimentalismo riguardo ai ruoli sessuali e in tale stadio mi è difficile parlare dei "ruoli sociali" di padre o madre senza incorrere in categorie normative ormai superate. Posso quindi soltanto affermare che ogni bambino piccolo ha bisogno della compagnia di una persona (non ha importanza se si tratti del padre o della madre) che capisca i suoi sentimenti e che non sia autoritaria nei suoi confronti. Nei primi due anni si possono
fare al bambino un'infinità di cose: piegare la sua
volontà, disporre di lui, insegnargli delle buone
abitudini, correggerlo e punirlo, senza che all'educatore
succeda nulla, senza che il bambino si vendichi.
Quest'ultimo riesce a superare senza gravi conseguenze
l'ingiustizia che gli viene inflitta se gli è
consentito di difendersi, vale a dire di
esprimere il suo dolore e la sua ira. Ma se gli
viene impedito di reagire a modo suo, perché i
genitori non riescono a sopportare le sue reazioni (le
urla, la tristezza, la rabbia) e glielo vietano
con occhiatacce o altre misure educative, allora il
bambino imparerà a rimanere muto. Il suo mutismo
garantisce, certo, l'efficacia dei principi educativi, ma
cela allo stesso tempo il focolaio dei pericoli che
minacciano il suo futuro sviluppo. Se mancarono
nel senso più lato reazioni adeguate alle
offese, alle mortificazioni e alle violenze subite, tali
esperienze non potranno venir integrate nella
personalità, i sentimenti rimarranno repressi, il
bisogno di esprimerli resterà insoddisfatto, senza
speranza di essere mai appagato. E proprio questa
disperazione, di non riuscire mai più ad esprimere i
traumi inconsci con i sentimenti adeguati che conduce la
maggior parte delle persone a una grave crisi psichica. E
noto che allorigine della nevrosi non sta tanto un
avvenimento reale, quanto piuttosto la necessità della
rimozione. Cercherò di dimostrare che questo fenomeno
tragico non interviene solamente a determinare la
comparsa delle nevrosi. La repressione dei bisogni
pulsionali costituisce soltanto una parte della massiccia
repressione esercitata sullindividuo dalla
società. Poiché però questultima non inizia la
sua azione repressiva soltanto nelletà adulta, ma
già dai primi giorni di vita, tramite genitori spesso
animati dalle migliori intenzioni, lindividuo in
seguito non è in grado di scoprirne in sé stesso le
tracce, senza che qualcuno gli dia una mano. È come se
si imprimesse a qualcuno un marchio sulla schiena, un
marchio, che egli non sarà mai in grado di scorgere
senza uno specchio. La situazione analitica fornisce, tra
laltro, tale specchio. La psicoanalisi rimane un
privilegio di pochi e i suoi risultati terapeutici
vengono spesso contestati. (Nota:
Alice Miller ha preso le distanze dalla psicoanalisi
classica e in seguito dalla terapia primaria. Prima di cercare un
qualsiasi approccio terapeutico leggi le avvertenze qui. Maggiori
approfondimenti si trovano nel libro 'Il bambino
inascoltato' e nei libri più recenti, ma anche nella prefazione
alla nuova edizione de 'Il dramma del babino dotato'.
Chiedi sempre le ultime edizioni aggiornate dei libri) I focolai dellodio:
due secoli di letteratura pedagogica Da molto tempo mi domando in
che modo potrei mostrare in forma chiara e non puramente
intellettuale quali misfatti si compiano sui bambini nel
primo periodo della loro vita e quali ne siano le
conseguenze sulla società. In che modo, spesso mi sono
domandata, posso raccontare ciò che altre persone hanno
scoperto attraverso anni di faticoso lavoro di
ricostruzione sulle origini della propria vita? Alla
difficoltà dell'esposizione si aggiunge il vecchio
conflitto: da un lato si colloca il mio dovere
professionale di riservatezza, dall'altro la convinzione
che esistano fenomeni che si ripetono con regolarità e
la cui conoscenza non dovrebbe rimanere riservata
soltanto a pochi iniziati. D'altro lato conosco bene le
difese dei lettori non analizzati, i sensi di colpa che
insorgono quando si parli di crudeltà e la via del lutto
debba ancora rimanere preclusa. Che cosa dobbiamo fare di
queste tristi cose che siamo venuti a sapere? Siamo così abituati ad
accogliere come precetto e come predica morale tutto ciò
che sentiamo, che talvolta anche semplici informazioni
vengono vissute come rimproveri e perciò non possono
essere neppure recepite. A ragione ci difendiamo contro
nuove sollecitazioni, quando siamo stati investiti troppo
presto e non di rado con violenza, dalle pretese della
morale. Amore per il prossimo, perfezionamento di sé,
spirito sacrificio... come suonano bene queste parole, ma
quanta crudeltà può nascondersi in esse semplicemente
perché sono imposte al bambino fin da un'età
nella quale non possono ancora esistere i presupposti
dell'amore per il prossimo! Non di rado succede che quei
presupposti sia soffocati ancora in germe con metodi
costrittivi, mentre rimane solo uno sforzo faticoso che
ci accompagna per tutta la vita. E come un terreno troppo
duro, sul quale non può crescere nulla, e l'unica
speranza di strappare in qualche maniera l'amore
richiesto sta nell'educazione dei propri figli, nella
quale possiamo a nostra volta esigerlo spietatamente. Non è da escludersi che con questi testi io intenda ottenere qualcosa del tutto impossibile o perfettamente superfluo. Infatti finché a un individuo non è consentito di vedere una cosa, la cosa medesima gli dovrà passare inosservata oppure venir fraintesa, in un modo o nellaltro dovrà essere respinta. Se invece gli è già divenuta accessibile in precedenza, costui non ha bisogno di venirla a sapere da me. Questa riflessione è giusta, eppure non voglio, nonostante tutto, rinunciare al mio intento, perché mi pare che si tratti di un tentativo sensato, anche se per il momento dovessero approfittare di queste citazioni soltanto pochi lettori. I testi prescelti svelano a mio avviso delle tecniche mediante le quali non soltanto certi bambini, ma più o meno noi tutti e soprattutto i nostri genitori e progenitori) siamo stati addestrati a non accorgerci. Ho adoperato il termine svelano, anche se quegli scritti non erano affatto segreti, ma anzi erano diffusi pubblicamente e conobbero parecchie ristampe. Tuttavia una persona della generazione attuale potrà scoprirvi tra le righe qualcosa che lo riguarda personalmente, e che è rimasto ancora nascosto ai suoi genitori. Questa lettura può dargli la sensazione di aver scoperto un segreto, qualcosa di nuovo e al tempo stesso sconosciuto da tempi remoti, che fino a quel momento aveva offuscato e contemporaneamente determinato la sua vita. Questa è stata anche la mia esperienza durante la lettura di Schwarze Pädagogik. Le tracce della pedagogia nera nelle teorie psicoanalitiche, nella politica e nelle innumerevoli costrizioni cui siamo sottoposti nella vita di tutti i giorni mi sono dun tratto balzate agli occhi più nitidamente. Da sempre la testardaggine, lostinazione, la caparbietà e la veemenza dei sentimenti infantili sono i lati del carattere che procurano agli educatori le maggiori preoccupazioni. Non ci si stanca di insistere sul fatto che non è mai troppo presto per cominciare a educare allobbedienza. Esaminiamo, a mo di esempio le seguenti argomentazioni di Johann Sulzer: Lostinazione
si manifesta sin dalla prima infanzia come un espediente
naturale, non appena i bambini sono in grado di fare
capire a gesti i loro desideri. Quando scorgono un
oggetto che vorrebbero, ma non riescono ad avere, si
stizziscono, si mettono a urlare e a menar botte
tuttintorno. Se invece gli si dà qualcosa che non
è di loro gradimento, la gettano via e incominciano a
urlare. Questi sono comportamenti cattivi e pericolosi
che ostacolano ogni forma di educazione e non lasciano
emergere dal bambino alcuna buona qualità. E impossibile
impartire a un bambino una buona educazione, senza aver
prima scacciato da lui ostinazione e cattiveria. Non
appena, quindi, in un bambino si manifestano tali
difetti, è tempo di contrastare questo comportamento
cattivo, dimodoché esso con labitudine non si
radichi ancor di più e i fanciulli non ne siano
completamente corrotti. Cè da restare stupefatti al vedere quante nozioni di psicologia possedesse già questo educatore vissuto duecento anni fa. E vero difatti, che i bambini con il passare degli anni dimenticano tutto quel che è loro capitato nella prima infanzia. Non vè dubbio che essi non ricorderanno poi mai più di aver avuto una volontà. Falsa è invece la conclusione della frase, e cioè che il rigore di cui si dovrà far uso, proprio per quel motivo, non avrà conseguenze deleterie. È vero invece il contrario: giuristi, politici, psichiatri, medici e secondini si occupano professionalmente per tutta la vita proprio di quelle conseguenze perniciose, perlopiù senza esserne consapevoli. Ci vorranno anni di lavoro psicoanalitico per riuscire ad accostarsi alle loro origini; quando però ci si riesce, si ottiene effettivamente la liberazione dai sintomi. La gente comune, non specialista in materia, torna sempre a obiettare che esistono persone che hanno superato uninfanzia oggettivamente difficile senza per questo diventare nevrotiche, mentre altre persone che sono cresciute in un cosiddetto ambiente protetto sono sofferenti di disturbi psichici. Ciò andrebbe quindi imputato a una disposizione innata, mentre andrebbe negato linflusso dei genitori. Il passo sopra riportato aiuta a capire come si possa (ma si deve proprio?) pervenire a questo errore in tutti gli strati della popolazione. Le nevrosi e le psicosi, infatti, non sono dirette conseguenze di reali frustrazioni, bensì lespressione della rimozione di traumi. Quando si tratta soprattutto di educare i bambini in maniera che non si accorgano del male che si fa loro, delle cose di cui li si priva, di ciò che essi perdono, della persona che avrebbero potuto essere se educati diversamente, e di chi essi siano in realtà, e qualora questa educazione si applichi sufficientemente in tempo, allora in seguito ladulto - a prescindere dalla sua intelligenza - vivrà la volontà degli altri come se fosse sua propria. Come potrà mai infatti sapere che la sua volontà è stata stroncata, dal momento che non gli è mai stato consentito di farne esperienza? Proprio questa potrà essere la causa del suo ammalarsi, Invece un bambino che abbia magari vissuto fame, peregrinazioni, bombardamenti, sempre però sentendosi preso sul serio e rispettato come una persona autonoma dai propri genitori, non si ammalerà per via di quei traumi reali. Ha persino la possibilità di conservare dei ricordi di quelle esperienze (perché ve lhanno accompagnato persone di riferimento a lui affezionate) e arricchire in tal modo il proprio mondo interiore. Il passo seguente, di J. G. Krüger, rivela il motivo per cui è stato (e continua ad essere) così importante per gli educatori combattere energicamente la testardaggine: A mio giudizio non bisogna mai battere i bambini per punire gli sbagli che essi commettono a cagione di debolezza. Lunico vizio che merita le busse è la testardaggine. E dunque ingiusto picchiarli affinché apprendano meglio; è ingiusto picchiarli perché sono caduti; è ingiusto picchiarli se inavvertitamente hanno fatto dei danni; è ingiusto picchiarli perché piangono; ma è giusto e ragionevole batterli per ognuno di questi misfatti, oltre che per altre inezie, se essi lhanno fatto per cattiveria. Se il vostro figliuolo non vuole studiare, perché voi invece lo volete se piange con 1intento di tenervi il broncio, se fa danni per ingiuriarvi, in breve, se gli sincaponisce: allora picchiatelo pure di santa ragione Giacché una
simile disobbedienza equivale a una dichiarazione di
guerra contro la vostra persona. Se vostro figlio vuole
togliervi la sovranità, voi siete autorizzati a
scacciare la violenza con la violenza per rafforzare la
considerazione di cui godete presso di lui senza la quale
non sarà possibile educarlo in alcun modo. Le busse non
devono essere un semplice trastullo, ma mirare a
convincerlo che il padrone siete voi. Perciò voi non
dovete assolutamente smettere prima che egli abbia fatto
ciò di cui prima, per cattiveria, si rifiutava. Se
invece non se ne dà cura, voi avete ingaggiato con lui
una battaglia in cui la sua malvagità ha trionfato,
prefiggendosi seriamente anche in futuro di non dar retta
alle percosse solo per non restai soggetto alla potestà
dei genitori; se invece già dalla prima volta si è
riconosciuto vinto e ha dovuto umiliarsi dinanzi a voi,
perderà il coraggio di ribellarsi unaltra volta.
Comunque dovete badare a non lasciarvi sopraffare
dallira durante il castigo. Giacché il fanciullo
diverrà sufficientemente perspicace da scorgere la
vostra debolezza e considererà il castigo come un
effetto dellira, e non quale esercizio di
giustizia, come invece sarebbe opportuno. Qui si parla ancora in modo esplicito, mentre nei libri di pedagogia più recenti le rivendicazioni di potere da parte degli educatori sono mascherate molto meglio. Nel frattempo si è messo a punto un raffinato strumentario di argomenti per attestare la necessità di picchiare il bambino per il suo bene. Nelle pagine che abbiamo letto, invece, si parla ancora apertamente di sottrazione della sovranità, di fedeli sudditi e così via, in questo modo è svelata anche la triste verità che purtroppo vige ancor oggi. I motivi addotti a giustificare le percosse sono infatti i medesimi: i genitori conducono con i propri figli la medesima lotta per il potere, che hanno perduto a suo tempo con i loro stessi genitori. Vivono per la prima volta, vedendolo nei propri figli, lo stato di vulnerabilità dei primi anni di vita, di cui non sono in grado di ricordarsi (vedi Sulzer), e soltanto con loro, con i più deboli, si difendono spesso in modo molto pesante. A tale scopo servono innumerevoli razionalizzazioni che si sono mantenute fino ad oggi. Sebbene i genitori maltrattino i figli sempre per motivi psicologici, ossia a causa del proprio stato di disagio interiore, nella nostra società vale come un fatto chiaro e assodato che questo trattamento è un bene peri bambini. E non da ultimo, lo zelo con cui si difende questa argomentazione ne tradisce la dubbia natura. Tali argomentazioni, per quanto contraddicano ogni esperienza psicologica, sono tuttavia tramandate di generazione in generazione. Questo atteggiamento deve avere dunque radici emotive assai profonde in ogni essere umano. Nessuno, senza esporsi al ridicolo, potrebbe di certo sostenere a lungo andare verità che contraddicono le leggi di natura (per esempio, che sia sano per i bimbi andare in giro dinverno in accappatoio, e destate in pelliccia). Invece è del tutto usuale parlare della necessità di picchiare i bambini, di umiliarli e di tenerli sotto tutela, e oltretutto impiegando vocaboli raffinati come castigo, educazione e guida sulla via del bene. Nei seguenti brani tratti dal volume Schwarze Pädagogik si può osservare quale tornaconto per i propri bisogni più segreti e inconfessati tragga leducatore da tale ideologia. Ciò spiega anche le forti resistenze che impediscono di recepire e di assimilare le incontestabili conoscenze in campo psicologico che si sono acquisite negli ultimi decenni. Esistono molti buoni libri che riferiscono sulla perniciosità e crudeltà delleducazione (per esempio quelli di von Braunmühl, De Mause, Rutschky, Schatzman, Zimmer). Come mai queste conoscenze riescono a introdurre così pochi mutamenti nellopinione pubblica? In precedenza mi sono occupata di numerosi motivi individuali di queste difficoltà, ma ritengo che nel modo di trattare i bambini vada trovata anche una regola psicologica universalmente valida che vale la pena di scoprire: lesercizio di potere da parte delladulto sul bambino, un esercizio che più di ogni altro può rimanere celato e impunito. Se consideriamo la cosa da un punto di vista superficiale, il mettere in luce questo meccanismo quasi ubiquitario va contro linteresse di noi tutti (chi infatti può rinunciare a cuor leggero alla possibilità di scaricare affetti accumulati e alle razionalizzazioni che servono a tenersi la coscienza tranquilla?) Ma è urgentemente necessario, nellinteresse delle generazioni future. Giacché, quanto più facile sarà, grazie al progresso tecnologico, uccidere premendo un bottone migliaia di uomini, tanto più importante è lasciar pervenire alla pubblica coscienza tutta la verità sul come possa insorgere il desiderio di spegnere la vita di milioni di individui. Le percosse sono solo una forma di maltrattamento dei bambini e sono sempre mortificanti perché il bambino non se ne può difendere ma deve tributare, in cambio, gratitudine e rispetto ai suoi genitori. Accanto però alle punizioni corporali, esiste tutta una gamma di sofisticati provvedimenti che si prendono per il bene del bambino, che sono difficilmente comprensibili da questultimo e che proprio per tale motivo hanno spesso conseguenze devastanti sulla sua vita futura. Quali sentimenti si agitano in noi se per esempio cerchiamo, in quanto adulti, di immedesimarci nel bambino che viene educato nel modo seguente da Peter Villaume? Ecco le sue parole: Quando il
bambino viene colto sui fatto, non è difficile
estorcergli la confessione. Sarebbe molto facile dirgli:
Il Tale e il Talaltro hanno visto che tu hai fatto questo
e quello. Ma io preferirei prendere una via più lunga: e
di queste vie cè una certa scelta. Nel bambino che si trovi in questa situazione non possono presentarsi sentimenti di sdegno e di collera per tale ipocrita manipolazione dato che egli non se ne rende neppure conto. Egli può provare esclusivamente sentimenti di paura, vergogna e smarrimento, che è possibile vengano anche dimenticati in fretta, e cioè non appena il ragazzo trovi una propria vittima. Villaume, come altri educatori, è ben attento a non scoprire le sue carte: Si deve dunque
tener d'occhio il fanciullo, ma in maniera tale che egli
non si accorga di nulla; altrimenti tenderà a
nascondersi, diverrà diffidente, e non si riuscirà più
a venirne a capo. Dato che la vergogna di un tale
comportamento induce sempre e comunque alla segretezza,
la faccenda è di per sé piuttosto spinosa. Limpiego consapevole dellumiliazione che soddisfa i bisogni degli educatori distrugge lautoconsapevolezza del bambino, lo rende insicuro e inibito, e tuttavia viene elogiata come un buon servizio che gli si rende. Non cè bisogno di ricordare anzitutto che sono non di rado gli stessi educatori a far nascere nel ragazzo la presunzione e a darle esca col dar risalto irragionevolmente ai suoi pregi, poiché essi stessi sono spesso soltanto dei bambini più cresciuti e ricolmi della medesima presunzione (...) Orbene, è quindi importante tornare ad eliminare tale sentimento. Non vè dubbio che si tratti di una malformazione, che se non viene combattuta per tempo si rafforza e con il concorso di altre forme di egoismo può diventare seriamente pericolosa per la vita morale, senza contare che una presunzione dilatatasi a superbia non può non essere fastidiosa o ridicola per gli altri. Anche lefficacia delleducazione, inoltre, viene in varie maniere ridotta da quel difetto; le buone qualità che il fanciullo apprende e verso cui viene orientato, il presuntuoso crede di possederle già, o ritiene perlomeno che siano facilmente raggiungibili; le ammonizioni vengono prese come uneccessiva pedanteria, e le parole di biasimo come indice di burbera severità, in questi casi possono servire soltanto le umiliazioni. Ma di che tenore devono essere? Anzitutto occorre essere parchi di parole. Non è in genere con i discorsi che si fonda e si incrementa la morale, o che si eliminano e si stornano gli atteggiamenti immorali; essi possono tutta! più avere efficacia se accompagnano unoperazione educativa che incide nel profondo. Men che meno servono alla bisogna ramanzine dirette e circostanziate e lunghe prediche, satire salari e aspre derisioni: le prime suscitano noia e rendono insensibili, le seconde amareggiano e deprimono. Linsegnamento più efficace è pur sempre quello della vita. Si ponga quindi il presuntuoso in situazioni in cui, senza che leducatore debba sprecare una sola parola, egli divenga consapevole delle sue manchevolezze: alla sua impudente fierezza delle proprie conoscenze si dia del filo da torcere presentandogli dei compiti non ancora adatti alle sue forze; lo si lasci stare perciò quando cerca di volare troppo alto, ma non si tolleri che egli dimostri, in tali tentativi, qualsivoglia mediocrità o superficialità. Allallievo che si fa bello della sua diligenza si faccia presente, con la dovuta serietà, ma in poche parole, la sua negligenza nelle ore in cui trascura i suoi compiti e gli si facciano notare le parole mancanti o malscritte nel componimento. Nel far questo occorre soltanto evitare che lallievo avverta una particolare intenzionalità da parte vostra. Non meno efficace si rivelerà questo accorgimento: leducatore conduca i! suo discepolo, con una cena frequenza, a contatto con persone nobili e grandi; al giovane di talento si propongano traendoli dalla cerchia delle persone che vivono intorno a lui o dalla storia esempi di uomini caratterizzati da un talento di gran lunga più brillante del suo, i quali, mettendolo a frutto, abbiano realizzato opere ammirevoli. Oppure gli si presentino esempi di persone che, senza esser fornite di doti spirituali particolarmente rilevanti, ma valendosi di una disciplina intensa e ferrea, si sono elevate molto al di sopra di chi ha dissipato con leggerezza il proprio talento. Naturalmente non si dovrà neppure in questo caso compiere un espresso riferimento al giovane, che attuerà tale confronto tacitamente da sé medesimo. Infine, per quanto riguarda i beni puramente esteriori, sarà opportuno rammentarne lincertezza e la caducità mediante occasionali accenni a eventi appropriati; lo spettacolo della salma di un giovine, la notizia del fallimento di unaffermata ditta commerciale fa abbassare le arie più di ripetuti ammonimenti e rimbrotti. (K. G. Hergang, a cura di, Pädagogiscbe Realenzyklopädie, 2ª ed. 1851, cit. in KR, 412 sg.) La maschera della gentilezza aiuta a nascondere ancor meglio la crudeltà del trattamento. Domandai a un
maestro come fosse possibile che i bambini g!i
obbedissero senza ricever busse. Lui mi rispose: Cerco di
persuadere i miei allievi, con ogni mio comportamento,
che nei loro confronti sono animato da buone intenzioni e
mostro loro, con laiuto di esempi e di parabole,
che a non obbedirmi fanno semplicemente il loro danno.
Inoltre faccio diventare un premio il fatto di preferire
agli altri, nelle ore di scuola, lallievo più
servizievole, obbediente e diligente; a lui rivolgo di
preferenza le mie domande, gli concedo di leggere ad alta
voce il suo componimento dinanzi ai compagni e lo faccio
scrivere alla lavagna. Il tal modo induco nei bambini
limpegno a segnalarsi, ad essere il preferito. Se
poi succede che un ragazzo abbia meritato una punizione,
lo faccio sedere in fondo allaula, non lo
interrogo, non lo lascio leggere ad alta voce; in breve,
mi comporto come se non esistesse. Questo trattamento è
in genere talmente doloroso per i bambini da far versare
calde lacrime a coloro che sono puniti; e se talvolta si
trova qualcheduno che tramite metodi dolci non si è
voluto lasciar educare, allora devo proprio batterlo; ma
allesecuzione del castigo io premetto una lunga
preparazione che renda il ragazzo più ricettivo di
quanto non ottengano le percosse medesime. Non lo picchio
nel momento in cui hg meritato il castigo, ma rimando
fino al dì seguente o al terzo di. Da ciò traggo due
tipi di vantaggi: in primo luogo mi sbolliscono nel
frattempo le ire e ic trovo la tranquillità di
riflettere a mio agio su come possa affrontare la
questione con accortezza; secondariamente il piccolo
delinquente patisce almeno dieci volte il suo castigo,
non solo sentendoselo sulle spalle, ma anche ritornandoci
continuamente con il pensiero. Listinto di sopravvivenza farà poi rimanere nel ricordo del bambino soltanto la gentilezza delladulto, insieme allinevitabile sottomissione del piccolo delinquente e alla perdita della capacità di vivere con spontaneità i propri sentimenti. Beati quei
genitori che hanno potuto allevare i loro figli con tanta
prudenza che il loro consiglio ha il medesimo effetto di
un comando e da non dover ricorrere ai castighi che assai
di rado, e che anche in questo caso non hanno bisogno di
ricorrere a pene molto severe, ma possono emendarli col
privarli di qualche cosa gradita, col tenerli lontani dai
loro compagni o col raccontare i loro falli alle persone
delle quali i fanciulli ambiscono il plauso! Così felici
sono pochi genitori: i più devono ricorrere ai più
severi castighi. Ma se voi volete dai fanciulli una
verace ubbidienza, bisogna che essi vedano nel castigarli
sia latteggiamento vostro che le parole atteggiate
a severità, mai però la crudeltà o linimicizia. Anche il pianto, quale reazione naturale al dolore, devessere soffocato con una nuova punizione. Per ottenere la repressione dei sentimenti esistono le tecniche più svariate: E ora passiamo
a considerare gli esercizi perla completa repressione
degli affetti. Chi conosce quale persistenza abbia
unabitudine inveterata, sa bene quanto
autocontrollo e fermezza si richiedano per contrastarla.
Anche gli affetti però possono essere considerati
come abitudini inveterate. Quanto più fermo e paziente
è un temperamento, tanto più abile esso sarà in
determinati casi a superare uninclinazione o una
cattiva abitudine. A tale scopo serviranno in generale
tutti gli esercizi attraverso i quali i bambini imparano
a superarsi, che li rendono pazienti e costanti, nel
reprimere le loro inclinazioni. Di conseguenza, tutti gli
esercizi di questo tipo meritano particolare attenzione
nelleducazione e vanno considerati come una delle
cose più importanti, anche se vengono trascurati quasi
ovunque. Leffetto di questa lotta contro gli affetti sarà dunque tanto più funesto se essa verrà già iniziata con il lattante, ossia prima che il bambino abbia potuto sviluppare il proprio Sé. Unaltra
regola assai importante per le sue conseguenze è la
seguente: persino i desideri legittimi del bambino
dovrebbero essere esauditi solo se espressi in una forma
amichevole, innocua, o perlomeno tranquilla, mai se
espressi con grida irrefrenabili e gesti scomposti. Prima
di tutto occorre che il bambino sia tornato ad assumere
un contegno tranquillo persino se, per esempio, la causa
ne fosse il suo fondato e tempestivo bisogno di essere
regolarmente nutrito..., e soltanto dopo, lasciando una
piccola pausa, si proceda a esaudire la richiesta. Anche
la pausa è necessaria, perché bisogna tener lontana dal
bambino la sia pur remota idea che, gridando o
comportandosi in modo indisciplinato, egli potrebbe
ottenere qualcosa dal suo ambiente. Al contrario, egli
impara molto presto che può raggiungere il suo scopo
solo con il comportamento opposto, grazie a un
autocontrollo (per quanto ancora inconscio). E
incredibile quanto poco tempo si richieda perché si
formi una salda e buona abitudine (così come, in caso
contrario, si consolida ugualmente in fretta
labitudine opposta). Con ciò si è fatto un
guadagno enorme, poiché questa buona impostazione avrà
molteplici ripercussioni di amplissima portata per il
futuro. Anche in questo caso è però evidente che questi
princìpi, e tutti i princìpi consimili, non possano
essere applicati se, come di solito accade, i bambini di
questa età sono lasciati quasi esclusivamente in mano
dei domestici, i quali di rado hanno sufficiente
comprensione, perlomeno nei confronti di tali idee. Il bambino deve dunque imparare sin dal principio a rinunziare a sé stesso, a eliminare da sé tutti gli aspetti che non siano graditi a Dio. Il vero amore scaturisce dal cuore di Dio, fonte e modello primo di ogni paternità (Efesini 3, 15); è rivelato e prefigurato nellamore del Redentore e viene generato, alimentato e mantenuto nelluomo dallo spirito di Cristo. Anche lamore naturale che i genitori nutrono verso i loro figliuoli viene purificato e santificato, si trasfigura e rafforza, mediante lamore che proviene dal Cielo. Tale amore santificato si pone quale meta primaria - che resta celata al bambino - la crescita delluomo interiore, la sua vita spirituale, la liberazione dal potere della carne, lelevazione al di sopra delle esigenze della pura e semplice vita naturale dei sensi, lindipendenza interiore dal mondo che gli scorre intorno. Esso perciò, sin dai primi momenti, è inteso a far sì che il bambino impari a rinunziare a sé stesso, a superarsi e a controllarsi, a non seguire ciecamente gli impulsi della carne e della sensualità, bensì la superiore volontà e i moti dello spirito. Tale amore santificato può perciò essere ugualmente severo e mite, sia negare che accordare ogni cosa a suo tempo; sa anche come far del bene causando dolore, può imporre gravi rinunzie, come il medico che ordina financo amari medicinali, come il chirurgo che ben conosce il dolore procurato dalla lama del suo coltello, e che nondimeno incide, perché è in gioco la salvezza di una vita. Tu lo batterai con la verga; ma salverai la sua anima dallinferno. In questa sentenza Salomone ci dice come il vero amore sia capace di durezze. Non è la rigida severità stoica o legalistica, che si compiace di sé stessa e preferisce arrivare al sacrificio del discepolo piuttosto che derogare anche una sola volta dai suoi principi; no, pur nel suo rigore, esso lascia sempre trasparire come raggi di sole tra le nubi la sua sincera buona intenzione nella gentilezza, nella compassione e nella pazienza ricca di speranze. Pur nella sua fermezza è tuttavia flessibile e sa sempre quel che fa e perché lo fa. (K. A. Schmid, a cura di, Enzyklopädie des gesamten Erziehungs- und Unterrichtswesens, 2ª ed. 1887; cit. in 1CR, 25 sg.) Siccome si è convinti di sapere con precisione quali sentimenti siano buoni e giovevoli per il bambino (o meglio, per gli adulti), si combatte anche limpetuosità e lirruenza, lautentica fonte di energia. Tra i fenomeni
psichici che si situano al confine della normalità
rientra lirruenza dei bambini, un comportamento che
si può presentare sotto molteplici vesti, ma che
solitamente inizia con unattività eccezionalmente
agitata dei muscoli volontari, accompagnata da un
maggiore o minore grado di fenomeni concomitanti, non
appena un loro vivo desiderio non venga immediatamente
soddisfatto. Ai bambini che hanno appena imparato a dire
qualche parola e la cui unica abilità consiste
nellafferrare gli oggetti che essi trovano a
portata di mano, se hanno tendenza a una natura
impetuosa, basterà che non riescano a prendere un dato
oggetto o che non sia loro permesso di tenerlo per
esplodere in urla selvagge e scatenarsi in movimenti
inconsulti. In modo del tutto naturale nasce in loro la
cattiveria, quellaspetto del carattere il quale fa
sì che il sentimento umano non sia più soggetto alle
leggi generali del piacere e del dolore, bensì sia
talmente degenerato rispetto alla sua disposizione
naturale che non solo ha perduto ogni capacità di provar
compassione, ma trova gusto nel dispiacere e nel dolore
degli altri. Il vieppiù crescente malcontento del
bambino per la perdita del piacere che gli sarebbe stato
procurato. dallesaudimento dei suoi desideri trova
soddisfazione soltanto nella vendetta, vale a dire nella
confortante sènsazione di sapere i propri simili in
preda al medesimo sentimento di dispiacere o di dolore.
Quanto più spesso il bambino proverà il beneficio di
questo senso di vendetta, tanto più esso si farà valere
come un bisogno che cerca soddisfacimento in ogni momento
di ozio. In questo stadio il bambino riesce ad arrecare
con la sua irruenza ogni possibile molestia al prossimo,
ogni pensabile tormento, solo per suscitare un sentimento
atto a lenire il dolore dovuto ai desideri che rimangono
inesauditi. Da questo errore consegue per naturale
necessità quello successivo, e cioè il fatto che il
timore di essere punito fa nascere il bisogno di dir
bugie, di essere scaltro e di ingannare, la necessità di
usare stratagemmi; al bambino basterà semplicemente
esercitarsi un poco per divenire abilissimo in
quellarte. Lirrefrenabile desiderio di fare
del male si forma a poco a poco allo stesso modo della
tendenza al furto: la cleptomania. Quale conseguenza
collaterale, ma non per questo meno rilevante
dellerrore originale, si sviluppa anche
lostinazione. È significativo che qui si scambi la causa con leffetto e che si combatta come causa qualcosa che si è invece provocato. Un atteggiamento analogo non si riscontra solamente nella pedagogia, ma anche nel campo della psichiatria e della criminologia. Se dunque la cattiveria è prodotta dal soffocamento degli elementi più vitali, ogni mezzo è buono per andarla a scovare nella vittima di turno. In special
modo nella scuola la disciplina deve venir prima di
qualsiasi insegnamento. Non vè principio
pedagogico più certo di quello secondo cui i bambini,
prima ancora che istruiti, devono venir educati. Può ben
esserci una disciplina senza istruzione, come si è visto
in precedenza, ma non vè istruzione senza
disciplina. In questo brano si ammette apertamente l inibizione della vita predicata da Schleiermacher e la si elogia quale virtù. Si trascura però, come succede a molti moralisti, il fatto che sentimenti di autentica gentilezza non possono svilupparsi, se si toglie loro la base vitale dell irruenza. Gli specialisti di teologia morale e i pedagoghi devono escogitare nuovi metodi, o in caso di bisogno dar nuovamente di piglio alla verga, perché sul terreno inaridito dalla precoce disciplina lamore per il prossimo trova difficoltà ad attecchire. Comunque, resta pur sempre la possibilità di amare il prossimo per dovere e obbedienza, ossia ancora una volta la menzogna. Nel suo libro Dei Mann auf dei Kanzel (Luomo sul pulpito, 1979) Ruth Rehmann, figlia lei stessa di un pastore protestante, descrive latmosfera in cui talvolta sono stati costretti a crescere i figli di pastori: Si dice loro che i valori di cui essi dispongono, proprio per via della loro immaterialità, sono superiori a tutti gli altri valori esistenti. Da questo possesso di valori nascosti si originano la presunzione e lamor proprio che in breve si mescolano direttamente allumiltà loro richiesta. Quel possesso non potrà più strapparlo loro nessuno, neppure essi stessi potranno farlo. In tutto quel che essi intraprendono, hanno a che fare, oltre che con i genitori carnali, con lonnipresente Super-padre, che essi non possono offendere senza scontarla immediatamente con rimorsi di coscienza. E meno doloroso assoggettarsi ad essere gentili! In queste famiglie non si dice mai amare (lieben), bensì voler bene (liebbaben) o essere gentili (lieb sein). Tramutando il verbo in un aggettivo retto da un ausiliare essi spuntano la freccia del dio pagano e la piegano sino a farla diventare anello nuziale e vincolo familiare. Imbrigliano la terribile fiamma dellamore tra le pareti del focolare domestico. Chiunque si sia riscaldato a quel fuoco avrà sempre freddo, in qualunque altra parte del mondo (p. 40). Dopo aver raccontato la storia del padre vista dalla sua prospettiva di figlia, Ruth Rehmann riassume i propri sentimenti nelle parole seguenti: Ecco ciò che
mi angustia nella sua storia: quel tipo particolare di
solitudine che non pare affatto una vera e propria
solitudine, visto che si è attomiati da persone
affettuose; ma chi è solo non ha altra possibilità di
accostarsi a loro se non mediante un movimento
dallalto al basso, tramite un chinarsi, come san
Martino che dallalto del suo cavallo si abbassa
verso il povero. Lo si può chiamare con i nomi più
disparati: far del bene, venire in soccorso, donare,
consigliare, portar conforto, ammaestrare o addirittura
mettersi al servizio; ma questo non cambia nulla al fatto
che il sopra rimane sopra e il
sotto continua a essere sotto, e
che colui che è sopra non può lasciarsi beneficare,
consigliare, confortare, ammaestrare, anche se ne avrebbe
ancor tanto bisogno, dato che in quel sistema rigido non
è possibile alcuna reciprocità; in tutto questo amore
non vè neppure un barlume di ciò che chiamiamo
solidarietà. Non vè miseria abbastanza grande
capace di far scendere dallalto del cavallo della
propria umile presunzione. Ogni desiderio di conoscenza devessere stroncato molto per tempo dal pedagogo, anche affinché il bambino non riesca a rendersi conto troppo presto di quel che gli vien fatto. Fanciullo: Da
dove vengono i bambini, caro signor precettore? Una volta che ci si sia presi gioco dei bambini con simili risposte si può ormai combinargliene di ogni colore. Giova a poco,
e spesso nuoce, informarli dei motivi per i quali ci
rifiutiamo di accontentarli. Anche quando avete
intenzione di fare ciò che desiderano, abituateli
talvolta ad aspettare, ad accontentarsi solamente
duna parte delle cose domandate e ad accettare con
riconoscenza anche un beneficio diverso da quello
richiesto. Distraeteli da un desiderio a cui dovete
opporvi, con qualche faccenda o con qualche altro
soddisfacimento. Mentre mangiano, bevono o giocano, dite
loro con amichevole serietà che devono interrompere per
un poco i loro diletti e proporsi qualche altra cosa. Una
volta che avete rifiutato, non acconsentite poi. Cercate
spesso dacquietare i fanciulli con un
forse. Questo forse può qualche
volta avverarsi, non sempre, e mai allorché le preghiere
siano ripetute con soverchia insistenza. Se rifiutano
alcuni cibi, (
) cercate la cagione di questa
ripugnanza, la quale talvolta può essere vinta col
digiuno o con mezzi coercitivi. Se proprio è
insormontabile, non dite nulla, non sforzateli, cercate
piuttosto di abituarli a poco a poco ad accettare quel
cibo. Le difficoltà aumentano se poi i genitori o altre
persone della famiglia non sanno vincere le proprie
ripugnanze o le manifestano senza alcun riguardo. Peggio
accade quando si tratta di far inghiottire medicine; ma
anche in questo caso conta molto lesempio degli
adulti. Ad ogni modo labitudine alla puntuale
obbedienza contribuisce assai a superare tutti questi
ostacoli. Nelle operazioni chirurgiche non si parli
troppo ai fanciulli; bisogna fare nascostamente i
preparativi e consolare i pazienti con le immagini della
prossima guarigione che verrà dopo un breve dolore. Linganno pare essere uno strumento universale del potere, anche in pedagogia. Anche qui, come succede per esempio in politica, la vittoria ultima viene presentata come la soluzione positiva del conflitto. (
)
Occorre similmente esigere dal fanciullo
lautocontrollo, e affinché egli lo apprenda
devessere fatto esercitare in quellarte. In
questo rientra ciò che Stoy esprime con molta eleganza
nella sua enciclopedia; occorre che gli si insegni a
osservare sé stesso senza tuttavia divenir vanitoso,
affinché conosca gli errori contro i quali impegnare le
proprie energie; occorre poi pretendere da lui
determinate prestazioni. Il fanciullo deve imparare a
compiere delle rinunce, a negarsi qualcosa, e deve
imparare a tacere quando viene rimproverato, a pazientare
di fronte alle contrarietà; deve imparare a custodire un
segreto, a interrompersi nel bel mezzo di un piacere
(
) Per mietere tale gratitudine occorre iniziare molto presto con il condizionamento. È difficile
fallire nel dare a un giovane alberello la direzione
verso cui dovrà svilupparsi, un procedimento, questo,
che non può invece aver buon esito nel caso di una
vecchia quercia (...) Questi consigli mi fanno ricordare un paziente cui era stato insegnato assai presto e con successo a non avvertire gli stimoli della fame solo mediante affettuose distrazioni. A questo addestramento si ricollegò in seguito un insieme di complicati sintomi ossessivi, volti a mascherare la sua profonda insicurezza. Naturalmente tuttavia la distrazione della sua attenzione era soltanto una delle tante forme con cui era stata combattuta la sua vitalità. Metodi molto popolari e spesso impiegati in modo inconscio sono lo sguardo e il tono di voce. Tra questi
occupa una posizione davvero preminente e degna la
punizione silenziosa o il tacito rimprovero che si
esprime con lo sguardo o con un gesto appropriato. Tacere
è spesso più efficace che il parlar molto, e
locchio ha più forza della bocca. A ragione si è
fatto notare che luomo è capace di domare le
bestie feroci con il proprio sguardo; come gli dovrebbe
dunque essere facile sotto- mettere tutti gli impulsi e i
moti malvagi e perversi di un giovane animo! Purché
abbiamo usato riguardi e addestrato correttamente la
sensibilità dei nostri figli sia dal principio un unico
sguardo avrà maggiore efficacia della verga e della
frusta in quei bambini che sappiano accogliere gli
influssi più delicati. Quel che locchio
vede, arde in petto dovrebbe valere come motto
specifico della punizione. Mettiamo che uno dei nostri
figli abbia mentito, senza che però siamo in grado di
dimostrarglielo. Mentre ci troviamo a tavola, o in
unaltra occasione, portiamo il discorso, come per
caso, su persone che mentono e sottolineiamo quanto di
vergognoso, di vile e di pernicioso ci sia nella
menzogna, lanciando allo stesso tempo unocchiata
penetrante al bricconcello. Se nel suo animo cè
ancora del buono, egli si sentirà come sui carboni
ardenti e perderà ogni voglia di essere insincero. E
diverrà più saldo il tacito rapporto educativo
esistente tra noi e lui. (...) Al silenzioso servizio
dellattività educativa stanno anche i gesti
adeguati. Un mezzo movimento della mano, uno scuotimento
del capo o una scrollata di spalle possono risultare
assai più efficaci di tante parole (...) Oltre ai
rimproveri taciti possiamo servirci dei rimproveri
verbali. Anche qui, non sempre occorre far uso dei grandi
e solenni discorsi. Cest le ton qui fait la
musique, anche la musica delleducazione. Chi è
talmente fortunato da avere una voce capace di rendere,
grazie alle variazioni di tono, i più diversi stati e
moti dellanimo ha ricevuto in dono da madre natura
un felice mezzo di correzione. Egli potrà iniziare i
suoi esperimenti già dai bambini molto piccoli. I
piccolini hanno il volto raggiante quando la madre o il
padre si rivolgono loro con un tono gentile, mentre
chiudono la bocca già spalancata per urlare non appena
odono la voce del padre che, grave e tonante, ingiunge
loro di chetarsi. E non di rado succede che i bambini
piccoli si attacchino ubbidienti al poppatoio che poco
prima avevano respinto, se si comanda loro di bere con il
tono risoluto del rimprovero (...) Il bambino non può
ancora essere così lungimirante o scrutare così a fondo
nei nostri sentimenti da capire con chiarezza che solo
per amore di ciò che è meglio per lui, solo perché gli
vogliamo bene dobbiamo arrecargli il dolore del castigo.
Le nostre proteste di amore gli appariranno ipocrite o
contraddittorie. Noi adulti non sempre comprendiamo il
detto della Bibbia Dio castiga coloro che
ama. Solo dopo una lunga esperienza di vita, in
seguito a profonda riflessione e credendo che
limmortalità dellanima sia, tra i valori
terreni della vita, quello da apprezzare massimamente
riusciremo a riconoscere quale profonda verità e
saggezza si celino in tale massima. Potrà mai un bimbo piccolo arrivare a capire che il bisogno di tuoni e fulmini sale dalle profondità inconsce dell animo di colui che educa e non ha nulla a che fare con il suo animo infantile? Il paragone con Dio conferisce un senso di onnipotenza: come lautentico fedele non deve porre domande a Dio (vedi il Libro della Genesi), così anche il bambino deve sottomettersi alladulto senza chiedere spiegazioni: Una malintesa
filantropia porta a ritenere che per poter obbedire con
gioia sia necessario conoscere i motivi del comando e che
ogni obbedienza cieca sia unoffesa alla dignità
umana. Chiunque abbia il coraggio di diffondere simili
idee a casa o nella scuola, dimentica che noi adulti
dobbiamo assoggettarci alla fede nella superiore sapienza
dellordinamento divino, e che ditale fede la
ragione umana non potrà mai fare a meno. Egli dimentica
che tutti noi viviamo solo nella fede e non nella
conoscenza. Allo stesso modo in cui agiamo in
atteggiamento di fede devota nella superiore sapienza e
nellimperscrutabile amor di Dio, così il bambino
deve sottomettere il proprio agire alla fede nella
saggezza dei genitori e dei maestri, e trovarvi una
preparazione allobbedienza verso il Padre celeste.
Chi altera questa condizione sostituisce
sconsideratamente la fede con la presunzione del dubbio e
disconosce al tempo stesso la natura del bambino, cui è
necessaria la fede. Se si comunicano le ragioni del
comando, allora non mi pare sia il caso di parlare di
obbedienza. In questo modo vogliamo indurre a
persuasione, e il bambino che alla fine labbia
raggiunta non obbedisce più a noi, ma più propriamente
a quelle ragioni; alla riverenza di fronte a
unintelligenza superiore subentra la compiaciuta
subordinazione al proprio discernimento. Leducatore
che motivi i suoi comandi giustifica nel contempo le
ragioni contrarie e adultera in tal modo il rapporto con
il suo pupillo. Questultimo incomincia a entrare in
trattative e si pone sul piano medesimo
delleducatore. Tale parità tuttavia è
incompatibile con quella profonda riverenza senza la
quale leducazione non può avere buon esito. Chi,
del resto, crede di riuscire a ottenere amore solo
chiedendo unobbedienza fondata sulla spiegazione
delle ragioni del comando si illude amaramente, perché
non conosce la natura del bambino e il suo bisogno di
sottomettersi alla forza. Se lobbedienza è nel
cuore, dice un poeta, anche lamore non tarderà a
venire. Lobbedienza pare essere
un incontestabile principio supremo anche
nelleducazione religiosa. Nei Salmi la parola
obbedienza ritorna di continuo e viene sempre messa in
relazione con il pericolo della perdita dellamore,
nel caso si pecchi contro di essa. Chi esprime meraviglia
al riguardo non conosce la natura del bambino e il
suo bisogno di sottomettersi alla forza. Non è forse un amore cieco quello che coccola e vizia in tutti i modi il bambino sin dalla culla? Invece di abituare linfante sin dal primo giorno della sua esistenza terrena allosservanza di ordine e regolarità nel gustare il suo nutrimento e invece di porre in tal modo le prime basi per la moderazione, la pazienza e... la felicità umana, lamore cieco si fa guidare dalle urla del lattante (...) Lamore cieco non sa essere severo, non sa rifiutare alcunché, dire di no per il vero bene del bambino; è capace solo di dire di sì per il suo danno; si fa dominare dal voler essere ciecamente buono come se fosse un istinto naturale; elargisce concessioni là dove dovrebbe proibire; è indulgente, mentre dovrebbe punire; lascia correre, mentre dovrebbe impedire. Lamore cieco non ha le idee chiare riguardo alla meta delleducazione; è di corte vedute; vuole fare il bene del bambino, ma sceglie i mezzi sbagliati; si lascia guidare dalle sensazioni del momento invece che dalla posatezza e dalla calma riflessione. Invece di istradare il fanciullo, si fa da lui fuorviare. Non presenta alcuna vera e serena capacità di resistenza e si lascia tiranneggiare dalle proteste del bambino, dalla sua ostinazione e caparbietà, o anche dalle suppliche, dalle moine o dalle lacrime del piccolo tiranno. E il contrario del vero amore, che non arretra neppure di fronte alle punizioni. Dice la Bibbia (Siracide 30,1): Chi ama suo figlio gli fa spesso sentire la sferza, perché alla fine possa rallegrarsi di lui; e ancora (Siracide 30,9): Accarezza tuo figlio e ti farà spaventare, scherza con lui e ti farà piangere (...) Succede che i bambini allevati con questo amore cieco commettano gravi impertinenze nei confronti dei loro genitori. (A. Matthias, 4ª ed. 1902, cit. in KR, 53 sgg.) I genitori temono talmente le impertinenze che talvolta ogni mezzo pare loro lecito pur di evitarle. E a tale scopo si offre loro una ricca gamma di possibilità, fra le quali ha un molo di primo piano la sottrazione damore nelle sue varie sfumature, dato che nessun bambino può rischiare un simile evento. Ancor prima di
divenirne cosciente, bisogna che il bambino avverta
lordine e la disciplina acciocché passi allo
stadio della coscienza vigile, dopo aver acquisito buone
abitudini e aver messo un freno alla prepotenza
dellegoismo dei sensi (...) Leducatore deve
dunque instillare obbedienza esercitando il suo potere
mediante sguardi severi, parole decise, eventuale
costrizione fisica che, se non producono del bene, almeno
impediscono di fare il male, e per mezzo di punizioni.
Non è tuttavia necessario che queste ultime facciano
principalmente leva sul dolore fisico, dato che possono
basarsi, a seconda del tipo o della frequenza della
disobbedienza, sulla privazione di benefici e sulla
riduzione delle dimostrazioni di amore. Per esempio, nel
caso di un bambino sensibile, il quale voglia mettere in
discussione lautorità dei genitori, può rivelarsi
efficace allontanarlo dal grembo materno, il rifiuto da
parte del padre di dargli la mano o il ricusargli il
bacio della buona notte e così via. Mentre con le
dimostrazioni damore si conquista laffetto
del bambino, questo stesso affetto serviti a renderlo
più ricettivo alla disciplina. Sin da quando è in fasce il bambino impara che con lobbedienza si bussa alle porte dellamore e purtroppo succede spesso che egli non lo dimentichi più per tutta la vita. Per passare ora al secondo punto fondamentale che si voleva trattare, ossia sul come instillare lobbedienza, incominciamo col rivelare che cosa può accadere a questo riguardo nella primissima infanzia. Giustamente la pedagogia insegna che il bambino manifesta una sua volontà sia da quando è in fasce e devessere trattato di conseguenza. (Ibid., p. 167) Se un trattamento di questo genere viene condotto con perseveranza e viene iniziato abbastanza presto, allora si creano tutte le premesse affinché il cittadino possa poi vivere in una dittatura senza soffrirne, riuscendo perfino a identificarsi euforicamente con essa, come succedeva ai tempi di Hitler: La salute e la forza vitale di una comunità politica dipendono infatti allo stesso modo sia dal fiorire dellobbedienza verso le leggi e i superiori, sia dal prudente uso della forza compiuto dal capo politico. Non meno nella famiglia, in tutte le questioni educative occorre che la volontà di chi comanda e quella di chi obbedisce al comando non siano considerate in antagonismo reciproco: sono entrambe espressioni organiche di una sola e unica volontà (loc. cit.). Come nella simbiosi che si verifica quando il bambino è in fasce non si dà qui alcuna separazione fra soggetto e oggetto. Se il bambino impara a concepire anche le punizioni fisiche come misure necessarie contro i malfattori, nelletà adulta cercherà di proteggersi con lobbedienza dalle punizioni e al tempo stesso non avrà alcuna remora a collaborare con il sistema punitivo. In uno stato totalitario che è un specchio della sua educazione, un simile cittadino può anche esercita ogni sorta di torture e persecuzioni senza provare rimorsi di coscienza. La sua volontà si identifica totalmente con quella del regime. Sarebbe un vero residuo di
presunzione aristocratica credere che solo le masse
incolte siano recettive alla propaganda dopo che
abbiamo ripetutamente potuto sperimentare quanto gli
intellettuali siano facili a subire le seduzioni della
dittatura. Sia Hitler che Stalin avevano un numero
straordinariamente grande di seguaci fra gli
intellettuali e venivano da loro idolatrati. La capacità
di non respingere la realtà che percepisce non dipende
assolutamente dallintelligenza della persona ma
dalla possibilità di avere accesso al vero Sé. Al
contrario, lintelligenza può aiutare a
compiere innumerevoli giri viziosi quando sia necessario
adattarsi. Gli educatori lo hanno sempre saputo e hanno
sempre sfruttato per i propri scopi tale meccanismo; come
dice il proverbi Chi è più furbo cede, lo stupido
resiste. In uno scritto pedagogico di Grünewald
del 1899 leggiamo per esempio: Non mi è mai capita
di trovare ostinazione in un bambino che avesse un buono
sviluppo intellettuale o che fosse eccezionalmente
dotato (cit. in KR, 423). Più tardi da adulto, un
simile bambino potrà manifestare un acume straordinario
nel criticare le ideologie dei suoi avversari - durante
la pubertà sottoporre persino a critica le idee dei suoi
genitori - perché in questi casi le sue capacità
intellettuali potranno funzionare senza inibizioni. Solo
allinterno del gruppo cui appartiene (per esempio
allinterno di una ideologia o di una scuola
teorica) che riproduce la primitiva situazione familiare,
costui darà prova di uningenua soggezione e di un
atteggiamento acritico che farà totalmente dimenticare
la brillantezza di spirito dimostrata in altre occasioni.
In lui continua tragicamente a sopravvivere la primigenia
dipendenza dai genitori tirannici che, come vuole la
pedagogia nera, non verrà mai smascherata.
Martin Heidegger poté per esempio distaccarsi facilmente
dalla filosofia tradizionale, abbandonando così i
maestri della sua adolescenza. Non riuscì invece a
scorgere le contraddizioni dellideologia
hitleriana, che tuttavia apparivano evidenti alla sua
intelligenza. Egli dimostrò di subirne il fascino e di
esserle fedele come un bambino piccolo che non è
capace di muovere delle critiche (vedi Miller, 1979). Il padre riceve il potere da Dio (e dal proprio padre); il maestro trova giù il terreno ben preparato per lobbedienza; e il capo dello Stato può raccogliere ciò che era stato seminato. Al vertice
delle punizioni troviamo latto punitivo più
energico: quello della punizione corporale. Come la verga
è il simbolo della disciplina paterna in casa, così la
bacchetta è lemblema della disciplina scolastica.
Ci fu un tempo in cui la bacchetta era la panacea per
tutte le malefatte che si commettevano a scuola, come la
verga lo era in casa. Quel modo velato di parlare
con lanima è antichissimo e comune a tutti i
popoli. Che cosa cè di più ovvio della regola che
afferma: Chi non sta a sentire deve
sentirsele? Le busse pedagogiche sono
unazione energica che accompagna le parole per
rafforzarne lefficacia. Nel modo più diretto e
naturale questazione esordisce con uno schiaffo a
volte introdotto da una energica tirata dorecchi
che noi ancora ben ricordiamo dal tempo della nostra
gioventù. Essa costituisce un richiamo inequivocabile
alla presenza di un organo delludito e alluso
che occorre fame. Ha evidentemente un significato
simbolico come il ceffone sulla bocca che fa appello
allorgano del linguaggio e ammonisce a fame un uso
migliore. Questi due castighi corporali sono i più
primitivi e tipici (...) Anche gli scapaccioni e le
tirate di capelli, che sono ancor sempre in voga, recano
in sé una sorta di simbolismo (...) Una vera pedagogia
cristiana che considera la creatura umana non per quello
che dovrebbe essere, ma per quello che è non potrà, per
principio, rinunziare a ogni forma di punizione
corporale; è proprio la punizione adatta per talune
mancanze: essa umilia e impressiona il bambino, attesta
la necessità di inchinarsi a un ordine superiore e
rivela allo stesso tempo tutto il vigore dellamore
paterno (...) Avrebbe tutta la nostra comprensione il
maestro coscienzioso che dicesse: Preferirei non
fare più il maestro piuttosto di dover rinunciare alla
potestà di dar di piglio, quando è necessario, alla
bacchetta, quale ultima ratio (
) Quest amore interiorizzato accompagna il giovane cuore talvolta sino in età avanzata. Esso si lascerà manipolare dai media senza opporre resistenza se è abituato al fatto che le sue inclinazioni vengono manipolate e se non ha mai conosciuto altre possibilità. Leducatore
ha da porre anzitutto la più attenta cura acciocché le
inclinazioni ostili e avverse alla sua superiore
volontà, invece di essere (come generalmente accade)
risvegliate e alimentate dalla prima educazione, vengano
in tutti i modi possibili ostacolate sul nascere, o
perlomeno nuovamente estirpate quanto prima (
) Non è consentito giungere a scoprire a chi possa giovare la manipolazione. Lo spirito di investigazione viene distrutto o deviato facendo sorgere delle inquietudini nei bambini. Sappiamo bene, altresì, quanto siano curiosi i bambini, in particolare quelli un po più grandicelli su questo punto, e quali singolari vie e mezzi essi spesso scelgano per conoscere la differenza naturale con laltro sesso. Si può di certo ritenere che ogni scoperta che essi riescono a compiere da soli fornisca sempre maggiore esca alla già fervida immaginazione loro e che essa si rivelerà pericolosa per la loro innocenza. Per questo semplice motivo sarebbe consigliabile precederli, e la lezione di cui si è parlato in precedenza lo rende comunque necessario. Sarebbe tuttavia una vera e propria offesa al senso del pudore se si volesse lasciare che un sesso scoprisse la sua nudità di fronte allaltro. Anche se il maschietto sapesse comè fatto il corpo femminile, e la fanciulla come è fatto quello maschile, essi non ne ricaverebbero unidea ben precisa, e oltretutto non si porrebbe più alcun argine alla loro curiosità. Entrambi devono venirlo a sapere in un modo più serio. Le tavole illustrate potrebbero rivelarsi soddisfacenti in questa materia, ma esse presentano forse la cosa in modo chiaro? Non fanno forse venir voglia di compiere raffronti con la natura? Tutte queste preoccupazioni scompaiono se ci si serve a tale scopo di un corpo umano inanimato. Lo spettacolo di un cadavere ispira gravità e induce alla riflessione, e questa è latmosfera migliore che un bambino possa sperimentare in simili circostanze. Per una naturale associazione di idee il suo successivo ricordo di quella scena assumerà anche unimpronta solenne. Limmagine che rimarrà nel suo animo non avrà nulla del fascino seducente delle immagini che la fantasia volontariamente produce o che può scaturire da altri oggetti meno austeri. Se tutti i fanciulli potessero essere istruiti sulla riproduzione umana da una lezione di anatomia, non ci sarebbe bisogno di tanta preparazione. Ma siccome le occasioni di questo tipo sono tanto rare, ciascuno potrà impartire loro le istruzioni necessarie nel modo che si è detto. Spesso lo spunto per iniziare tale discorso potrà essere fornito dalla vista di un cadavere. (J. Oest, 1787, cit. in KR, 328 sg.) Servirsi della vista di cadaveri per debellare la pulsione sessuale è considerato come un mezzo legittimo per tutelare 1 innocenza; al tempo stesso però questo metodo prepara il terreno allo sviluppo delle perversioni. Adempie questa stessa funzione anche il disgusto indotto sistematicamente di fronte al proprio corpo: Cercare di instillare la pudicizia è assai meno efficace che insegnare al bambino a considerare ogni denudamento e tutto ciò che ad esso si connette come un comportamento riprovevole e unoffesa per gli altri; come per esempio sarebbe offensivo pretendere da qualcuno - il quale non venga pagato per questa bisogna - che ci andasse a vuotare il vaso da notte. Perciò proporrei di seguire ogni quindici giorni o una volta al mese questa procedura: far lavare dalla testa ai piedi i bambini da una sudicia e vecchia donnaccia, senza che nessun altro sia presente, quando i genitori o chi per loro abbiano avuto cura di controllare che tale vecchiaccia non tralasci alcuna parte. Questo andrebbe presentato ai ragazzi come un compito disgustoso e si dovrebbe dir loro che si è dovuto provvedere a pagare quella vecchia affinché si assumesse un compito, pur necessario per la salute e la pulizia, ma così disgustoso che nessun altro potrebbe farsene carico. Questo per impedire che vengano sopraffatti da unimprovvisa vergogna. (Ibid., pp. 329 sg.) Leffetto-vergogna può essere impiegato anche per combattere lostinazione. Continua... La persecuzione del bambino. Le radici della violenza - Bollati Boringhieri Editore INDICE
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