L'EVOLUZIONE
DELL'INFANZIA di Lloyd deMause Estratto senza fini di lucro in difesa dell'infanzia, dal libro Storia dell'Infanzia, che raccoglie una selezione dei saggi pubblicati nell'opera collettanea The History of Childhood, a cura di Lloyd deMause, 1974. Traduzione italiana di Lucia Bonardi, 1983, Emme Edizioni, Milano, ISBN 88-294-9793-2. L'edizione italiana fuori stampa, disponibile in biblioteca, contiene sei saggi:
© 1974 The Psychohistory Press, New York Altri articoli di Lloyd DeMause sul sito www.psychohistory.com Clicca qui per la versione .pdf stampabile Istruzioni: Clicca sul link sopra per salvare la versione da stampa in una cartella del computer. Per la lettura occorre Adobe Reader che puoi scaricare gratis. Per stampare fronte retro le 64 pagine de L'evoluzione dell'infanzia occorrono 32 fogli in formato A4. Se non hai una stampante fronte-retro automatica, scegli nelle opzioni di stampa di Adobe Reader di stampare prima tutte le pagine dispari. Alla fine prendi le pagine stampate e rimettile nel cassetto d'entrata, ordinate per la stampa sul lato opposto, e scegli la stampa delle sole pagine pari. Su alcuni modelli di stampante basta rimettere nel cassetto di entrata l'insieme dei fogli dispari capovolto, su altri modelli i fogli vanno riordinati tutti. È meglio fare prima qualche prova con 2-4 pagine dell'estratto o portare il file pdf presso un centro fotocopie per una stampa laser in bianco e nero. Se si stampa a colori i numeri delle note saranno di colore blu scuro. Per leggere le note clicca sui numeri e torna indietro col tasto [<---] del browser o della tastiera. La versione web sta su una sola pagina per facilitare la ricerca delle parole in tutto il testo.
Lloyd deMause
« Do ye hear the
children weeping, Oh, my brothers... »
La
storia dell'infanzia è un incubo dal quale solo di
recente abbiamo cominciato a destarci. Più si va
addietro nella storia, più basso appare il grado di
attenzione per il bambino, e più frequentemente tocca a
costui la sorte di venire assassinato, abbandonato,
picchiato, terrorizzato, e di subire violenze sessuali.
Nostro compito, qui, è di vedere quanto di questa storia
dell'infanzia possa essere recuperato dalle testimonianze
superstiti. a.
L'evoluzione del rapporto genitori-figli costituisce una
fonte a sé del mutamento storico. L'origine di tale
evoluzione sta nell'abilità, da parte delle successive
generazioni di genitori, di regredire all'età psichica
dei figli, e di affrontare gli stati d'ansia connessi con
questa, con maggiore sicurezza di quanta ne disponessero
al primo impatto, cioè durante la loro stessa infanzia.
Il processo è simile a quello della psicanalisi, che
parimenti implica una regressione e la rinnovata chance
di affrontare le ansie infantili. È evidente che una teoria evolutivo-psicologica tanto ambiziosa non può essere verificata in un solo libro. E così ci proporremo qui il compito più modesto di ricostruire, con le prove disponibili, la condizione del bambino e dei genitori come si presentava nel passato: è dalla considerazione di duemila anni di storia, frammentaria e spesso confusa, di tale rapporto, che potranno derivare conclusioni di effettiva importanza teorica.
Studi precedenti sul tema Anche
se questa si pone probabilmente come la prima storia dell'infanzia
dotata d'impianto scientifico, non si può negare che
parecchi storici si sono già occupati del tema.5 Ma
i loro studi ne offrono, in genere, un'immagine
contraffatta e distorta.
Principi psicologici della storia dell'infanzia: reazioni di proiezione e di reversione Studiando
l'infanzia nell'arco di varie generazioni, è importante
concentrarsi su quei momenti che incidono maggiormente
sulla psiche della generazione a venire: essenzialmente,
è ciò che succede quando un adulto si trova faccia a
faccia con un bambino che ha bisogno di qualcosa. Io
credo che l'adulto abbia a disposizione tre reazioni
possibili: a. può usare il bambino come veicolo
per le proiezioni che soddisfano il suo stesso inconscio
(reazione di proiezione); b. può usare il bambino
come sostituto di una figura di adulto importante durante
la sua infanzia (reazione di reversione); c. può
mettersi in sintonia con i bisogni del bambino ed operare
per soddisfarli (reazione di empatia). « Nicolas... l'ho detto per metterti alla prova. Pensi davvero che il nonnino, che è stato così gentile con te ieri e l'altroieri, oggi possa trattarti come un cane? Pensavo che tu fossi intelligente... » « Io non sono un cane. » « No, ma non sei maturo come pensavo, perché avresti dovuto capire che ti stavo solo stuzzicando. Era solo un gioco... Vieni qua. » Mi gettai tra le sue braccia. « Non è tutto, » continuò, « voglio che tu sia amico di tua madre: l'hai molto, molto rattristata... Nicolas, tuo padre ti vuole molto bene, tu gliene vuoi? » « Sì, nonnino! » «.Supponendo che fosse in pericolo, e che per salvarlo fosse necessario che tu mettessi una mano sul fuoco, lo faresti? Ce la metteresti, se fosse necessario? » « Sì, nonnino » « E per me? » « Per te?... Sì, sì! » « E per tua madre? » « Per la mamma? Tutt'e due, tutt'e due » « Vedremo se stai dicendo la verità, visto che la mamma ha molto bisogno del tuo piccolo aiuto! Se le vuoi bene, devi provarlo! ». Non risposi, ma collegando tutto ciò che s'era detto, andai verso il camino, e mentre loro si scambiavano dei segni, misi la mano destra nel fuoco. Il dolore mi fece trarre un profondo sospiro.27 Ciò che provocava, in passato, scene così tipiche dell'interazione tra adulti e bambini, era la presenza, negli adulti, di tutta una serie di atteggiamenti contraddittori non suscettibili di alcuna risoluzione: il bambino è amato e odiato, premiato e punito, cattivo e docile, tutto insieme: è evidente che tutto ciò colloca il bambino in un reticolato di segnali conflittuali (che per Bateson 28 e altri stanno alla base della schizofrenia). Ma tali segnali di per sé, provengono da adulti, che si sforzano di dimostrare che i bimbi sono molto cattivi (reazione di proiezione) e insieme docili (reazione di reversione). La funzione del piccolo è quella di ridurre le pressanti ansie dell'adulto: agisce, insomma, in sua difesa. Sono sempre queste due reazioni a rendere impossibile il senso di colpa nelle severe punizioni che così spesso si riscontrano nel passato. Ciò accade perché non è il bambino in sé che viene picchiato, ma l'una o l'altra delle proiezioni dell'adulto: « Guarda come ti fissa! E così che si becca gli uomini, è una vera puttana! », dice una madre della figlia di due anni; oppure, per quella di reversione: « Pensa di essere il capo, tutto il giorno a comandare: ma gli ho fatto vedere io chi comanda qui! », dice il padre di un bambino di nove mesi, dopo avergli spaccato la testa.29 Nelle fonti storiche si nota spesso la fusione tra picchiato e picchiatore, e quindi l'assenza di colpa. Un padre americano (1830) racconta di aver frustato il figlio di quattro anni perché incapace di leggere una parola. Eccolo di fronte al bimbo, legato nudo nello scantinato: Con lui in queste condizioni, e me stesso, la mia adorata moglie, signora della mia famiglia, tutti quanti angosciati sentendoci mancare il cuore, cominciai ad usare la verga... nel corso di questa operazione oltremodo spiacevole e avvilente, mi fermai più volte, ora imponendomi e cercando di persuaderlo, ora zittendo le sue scuse, ora contestando le sue obiezioni... Avvertivo tutta la forza della divina autorità e dell'espresso comando, come mai in tutta la mia vita... Ma sotto l'influenza di una tale irata passione e ostinazione manifestate da mio figlio, non mi meravigliavo che pensasse che « mi avrebbe sopraffatto », debole e tremolante com'ero; e la consapevolezza di ciò mi rendeva nauseabonda la mia azione. In quel momento egli non poteva aver pietà né di me né di se stesso.30 È
questa tipica rappresentazione della fusione di padre e
figlio (col padre che si lamenta che è lui quello
picchiato e bisognoso di pietà) che incontreremo
allorché ci domanderemo come in passato la violenza
potesse essere così diffusa. Le parole di un pedagogo
del Rinascimento, da dire al bambino mentre lo si sta
battendo « tu stai infliggendo la punizione contro la
tua volontà, obbligato dalla coscienza, e chiedi loro di
non farti più incorrere in simili fatiche e dolori.
Perché se lo farai (devi dire), soffrirai insieme a me,
e d'ora in poi saprai che dolore tocca ad entrambi »,
non possono certo indurci a dimenticare tale fusione né
a prenderla per ipocrisia.31 Dopo aver cenato, la madre mise a letto i due bambini, nella stanza dove anch'essi dormivano, ed uscirono per far visita a un vicino. Al ritorno, la madre, andando a letto, si accorse che mancava la figlia minore (di circa cinque anni); dopo molte ricerche, la trovò annegata nel pozzo dello scantinato.34 Il
padre attribuisce l'incidente il fatto di aver lavorato
durante una festa religiosa. Non solo risulta qui normale,
sino al nostro secolo, lasciare soli i piccoli; ma, cosa
più importante, si nota che i genitori non possono
essere realmente interessati alla prevenzione, in assenza
di colpa: sono convinti, infatti, che siano le loro
proiezioni a venire punite. Ricavava una gioia intensa dai tormenti delle sue piccole vittime, stese tutte tremanti sul banco. Era solito usare la frusta con freddezza, lentamente e deliberatamente. Chiedeva al ragazzo di calare i calzoni, e di allungarsi sul banco, e ci dava dentro con le cinghie di cuoio. « In ognuno dimora uno Spirito del Bene e uno Spirito del Male. Lo Spirito del Bene ha il suo domicilio nella testa; anche lo Spirito del Male ce l'ha, ed è il posto dove ricevi le frustate. » 37 In passato i bambini erano così carichi di proiezioni da rischiare di venire presi per changelings (bambini scambiati in culla - N.d.T.) se piangevano troppo o erano troppo esigenti. Esiste un'ampia letteratura sugli changelings 38, ma generalmente non ci si rende conto che non erano solo i bambini deformi ad essere uccisi perché creduti oggetto di sostituzione, ma anche quelli che, come dice Sant'Agostino, « soffrono a causa di un demonio [...] sono sottomessi al potere del diavolo [...] e taluni muoiono a causa di tale afflizione ».39 Certi Padri della Chiesa sostenevano che, se un bambino piangeva senza motivo, stava commettendo un peccato.40 Sprenger e Krämer, nel loro celebre trattato sulla stregoneria, il Malleus Maleficarum (1487), affermano che è possibile riconoscere gli changelings dal fatto che « piangono continuamente nel modo più lamentoso e non crescono neanche se hanno a disposizione per l'allattamento quattro o cinque madri ». Lutero concorda: « È vero: spesso rapiscono i neonati nella culla e si mettono al loro posto, e sono più molesti di dieci bambini, col gran mangiare e strillare che fanno ».41 Gilberto da Nogent, nel secolo XII, considera la madre una santa per aver sopportato il pianto di un bambino adottivo: ...il neonato tormentava tanto mia madre e i domestici con la follia dei suoi pianti e lamenti notturni (di giorno era molto calmo, ora dormendo ora giocando) che nessuno nella stanzetta riusciva a prendere sonno. Ho sentito dire dalla nutrice che mia madre aveva preso a servizio, che era così cattivo che di notte non era possibile smettere di agitargli il sonaglio, ma che non era colpa sua, bensì del diavolo, che se n'era impossessato, e l'azione di una donna non sarebbe mai riuscita a scacciarlo. La povera donna fu presa da una pena terribile; tra quegli strilli così acuti nessun espediente poteva riuscire a darle sollievo [...] Eppure non lo mandò mai via di casa...42 La
convinzione che i neonati fossero sempre sul punto di
essere trasformati in creature demoniache è uno dei
motivi per i quali li si legava e fasciava tanto stretti
e tanto a lungo. Si avverte il sottinteso in Bartolomeo
Anglico (1230 circa): « A causa della loro fragilità le
membra del bambino possono facilmente, ed in breve,
piegarsi ad arco ed assumere forme diverse. Per questo
membra ed arti sono sostenuti da fasce ed altre opportune
legature, in modo da non curvarsi né malamente
deformarsi... ». 43 È
il neonato oggetto di proiezioni negative da parte dei
genitori, ad essere fasciato. Le giustificazioni addotte
in passato sono le stesse dei giorni nostri nell'Europa
Orientale: il piccolo deve essere legato, altrimenti si
strapperà le orecchie, si graffierà gli occhi, si
romperà le gambe e si toccherà i genitali.44 Come
vedremo brevemente nel paragrafo dedicato alle fasciature,
tutto ciò significa, di solito, costringerlo in corsetti
o busti, assicurarlo ad apposite assi, e persino legarlo
alla sedia, per impedire che cammini carponi sul
pavimento « come una bestia ». Alla bambinaia viene un'idea, per calmare quel bambino nervoso: abbiglia una figura grottesca, la introduce nella stanza, si volge verso il piccolo con strilli e ringhi così sgradevoli da offendere il suo tenero udito, e intanto, gesticolando e avvicinandosi sempre più, lo convince che sta per essere divorato.52 Immagini simili erano, si capisce, adottate specialmente dalle bambinaie che volevano che i bambini restassero a letto, mentre loro uscivano. Susan Sibbald ricorda i fantasmi come parte ben concreta della sua infanzia settecentesca: Era un fatto comune che i fantasmi facessero la loro apparizione [...] Ricordo perfettamente, a Fowey, una sera, che entrambe le bambinaie volevano lasciare la nursery [...] noi eravamo zittiti dagli orribili gemiti e rumori che udivamo al di là della parete che ci divideva dalle scale. La porta si aprì all'improvviso, e, orrore!, entrò una sagoma, alta e vestita di bianco, e sembrava che le uscisse fuoco dagli occhi, dal naso e dalla bocca. Fummo quasi presi dalle convulsioni, e poi, per parecchi giorni, restammo indisposti, ma non osammo riferirlo.53 I bambini così spaventati non sempre erano grandi come Susan e Betsey. Nel 1882, una madre americana racconta della figlia di un'amica, dì appena due anni, cui la bambinaia, intenzionata a divertirsi insieme agli altri domestici, approfittando dell'assenza dei padroni, racconta che: un orribile Uomo Nero [...] era nascosto nella stanza, pronto ad acchiapparla appena avesse lasciato il letto o fatto il minimo rumore [...] Per essere sicura di non venire importunata mentre si divertiva con gli altri, fabbricò un enorme Uomo Nero, con uno spaventoso sguardo ed una bocca smisurata, e lo collocò ai piedi del letto dove la piccola si era subito addormentata. Conclusa la serata, tornò al suo incarico. Ma quando aprì silenziosamente la porta, scorse la bimba seduta sul letto, con gli occhi terrorizzati fissi al terribile mostro sopra di lei, ed entrambe le mani convulsamente avvinghiate ai capelli biondi: era morta stecchita! 54 Esistono
prove che l'uso di sagome mascherate per impaurire i
bambini risale all'antichità.55 La
rappresentazione di bambini spaventati da maschere è uno
dei soggetti preferiti degli artisti, dagli affreschi
romani alle incisioni di Jacques Stella (1657); ma,
poiché tali eventi traumatici infantili erano oggetto
della massima repressione, non sono ancora stato in grado
di stabilirne con precisione le forme. Dione Crisostomo
ribadisce che « queste terrificanti immagini
dissuadevano i bambini dal pretendere di mangiare, o di
giocare, o di fare qualsiasi altra cosa inopportuna »; e
discute teoricamente sull'uso più efficace d'esse: «
Sono del parere che ogni bambino tema uno spauracchio
particolare e voglia essere spaventato da quello;
ovviamente, i ragazzi paurosi di natura urlano di fronte
a qualunque cosa si escogiti per impaurirli ».56 Se
in ogni caso ci si spaventa sul serio una volta sola, non
due, credo che si potrebbe risparmiare ai bambini il vero
spavento ricorrendo a prologhi burleschi. Un
altro campo in cui si concretizza il bisogno di
terrorizzare i bambini è quello implicante l'uso di
cadaveri. Molti ricorderanno le scene del romanzo della
Sherwood, History of the Fairchild Family 59 dove i bambini vengono
portati a visitare il patibolo, perché vedano appesi i
corpi già in decomposizione, intanto che vengono
raccontate loro storie edificanti. Ciò che spesso non si
prende in considerazione e che scene del genere sono
tratte dalla vita reale, ed in passato costituivano una
parte importante dell'infanzia. Intere classi scolastiche
venivano condotte alle impiccagioni, e i genitori ci
portavano spesso i figli, frustandoli al ritorno
affinché non dimenticassero ciò che avevano visto.60 Anche un educatore
umanista come Maffeo Vegio, autore di libri di protesta
contro la pratica di picchiare i bambini, ammette che «
lasciarli assistere ad una pubblica esecuzione, talvolta
non è del tutto sbagliato ».61 ... Papà dice che è sciocco e superstizioso aver paura di vedere dei morti. Così lo seguii giù per una buia, angusta e ripida scala, che si snodava a lungo fino a una porta, che dava su una grande caverna. Era illuminata da una lampada appesa nel mezzo, e il frate portava una torcia. Dapprima non riuscivo a vedere, e quando potei ebbi a stento il coraggio di guardare: da ogni lato, orride e spettrali figure nere, alcune ghignanti, alcune che ci segnavano a dito, altre sembravano in pena, in vari atteggiamenti e così spaventose che a fatica evitai di urlare, pensando che si stessero muovendo. Quando papà vide come ero turbata, non si arrabbiò, fu invece molto gentile, e mi disse di vincere la paura e di andare a toccarne una, cosa che mi fece grande impressione. La pelle era di un marrone scuro, e quasi completamente rinsecchita sulle ossa, molto dura, e al tatto pareva marmo.64 Questo,
del padre premuroso che aiuta la figlia a superare la
paura dei cadaveri, è un esempio di quelle che definisco
« cure da proiezione », per distinguerle dalle vere
cure empatiche, risultato della reazione empatica. Le
prime implicano costantemente una preliminare proiezione
dell'inconscio dell'adulto sul bambino, e si
differenziano da quelle empatiche per essere
inappropriate o insufficienti ai bisogni effettivi del
piccolo. La madre che reagisce con l'allattamento al
minimo disagio del bimbo, la madre che presta molta
attenzione all'abbigliamento del neonato prima spedirlo
dalla nutrice, la madre che impiega un'ora intera per
fasciare a dovere il figlio, sono altrettanti esempi di
cure da proiezione. Le cure dedicate al neonato dalle madri Apache appaiono oggigiorno sorprendentemente inconsistenti. In genere esse sono molto affettuose e impegnate nel rapporto fisico col figlio, e fra i corpi vi è molto contatto. L'ora dell'allattamento è determinata, di solito dal pianto del piccolo, e ad ogni sua manifestazione di disagio corrisponde la pronta offerta del capezzolo o del poppatoio. Nello stesso tempo, però, le madri hanno un senso di responsabilità assai limitato per quanto riguarda la cura del bambino, e l'impressione è che la tenerezza della madre si basi sul dedicare al bambino cure che lei stessa, adulta, desidera. Un gran numero di madri abbandona o cede il proprio figlio, avendolo magari allattato amorevolmente sino a una settimana prima. Gli Apache chiamano questa pratica, molto propriamente, « buttar via il bambino ». Non solo esse avvertono uno scarso senso di colpa per tale comportamento, ma a volte sono addirittura felici di essere riuscite a disfarsi del loro fardello: in certi casi, le madri che hanno ceduto i figli dimenticano di averli avuti. La madre Apache crede comunemente che la cura fisica sia tutto ciò di cui un bambino ha bisogno. Prova poco rimorso, o nessuno, per aver abbandonato il piccolo fra le braccia di non importa chi, mentre lei se ne va in giro a chiacchierare, a far compere, a giocare o a bere. L'ideale è che la madre affidi il figlio a una sorella o a una parente più vecchia. In età aborigena, una sistemazione di questo tipo era quasi sempre possibile.66 In passato anche un atto come empatizzare con i bambini che venivano picchiati era per un adulto molto difficile. Quei pochi educatori che prima del nostro tempo rifiutarono le percosse come mezzo pedagogico, non lo facevano tanto per timore di far male ai bambini quanto per la convinzione che questa pratica potesse avere cattive conseguenze. Ma senza questo elemento empatico, il monito non ebbe effetto alcuno, e si continuò come prima con le botte. Le madri che spedivano i figli alle nutrici per tre anni erano sinceramente addolorate dal fatto che questi non volessero poi far ritorno, e per di più non riuscivano ad individuarne la ragione. Almeno cento generazioni di madri hanno fasciato i figli assistendo impassibili alle loro proteste, in quanto erano prive del meccanismo psichico che le avrebbe portate ad empatizzare con loro. Solo quando questa facoltà si stabilizzò, alla fine del lento processo storico di evoluzione dei rapporti genitori-figli, attraverso generazioni di interazione fra i due poli, apparve ovvio che le fasciature erano completamente inutili. Richard Steele, nel suo Tatler (1706), descrive quelle che a suo parere erano le sensazioni di un bambino, subito dopo la nascita: Sono disteso tranquillamente; ma la strega, senza nessuna ragione al mondo, mi prende e mi avvolge la testa che più forte non potrebbe; poi mi lega entrambe le gambe, e mi ingozza con una schifosa medicina. Prendere una medicina, penso, è davvero un brutto inizio della vita. Una volta vestito, mi portano accanto a un letto, dove una signora giovane e carina (mia madre, lo so) si diletta a stringermi sin quasi a soffocarmi [...] poi mi getta nelle braccia della ragazza assunta per accudirmi. Costei, molto fiera del suo impiego di bambinaia, si dà briga di sfasciarmi e di vestirmi nuovamente per vedere cosa mi affligge, dato che avevo fatto un rumore e così mi ficca degli spilli dappertutto. Naturalmente io piango, e lei mi mette giù col viso nel suo grembo, e, per calmarmi, finisce per ribadire gli spilli, battendomi sulla schiena intanto che mi canta una ninnananna.67 Non ho trovato nessuna
descrizione tanto animata da empatia nei secoli
antecedenti il XVIII. E si sa che non molto dopo finirono
duemila anni di fasciature. A tutta prima si sarebbe
portati a pensare che non dovrebbe essere difficile
trovare esempi analoghi di queste capacità di
empatizzare nel passato. Naturalmente la prima fonte da
esaminare è la Bibbia: qui l'empatia verso i bisogni
infantili non dovrebbe mancare, forse che Gesù non viene
sempre ritratto in compagnia di bambini? Tuttavia, quando
si leggono, una per una, le duemila e più testimonianze
sui bambini elencate dalla Complete Concordance to the
Bible, queste dolci immagini mancano. Ne trovate
parecchie su bambini immolati, lapidati, picchiati, sulla
rigida obbedienza cui dovevano attenersi, sull'amore che
portavano ai genitori e sul loro ruolo di portatori del
nome di famiglia, ma non ce n'è una che esprima empatia
verso i loro bisogni. Anche il celebre « Lasciate che i
piccoli vengano a me » si rivela nient'altro che una
pratica d'esorcismo per imposizione delle mani, comune
nel vicino Oriente e finalizzata a liberare da presenze
diaboliche: « Allora gli furono presentati dei bambini,
perché imponesse loro le mani e pregasse [...] E, dopo
aver imposto loro le mani, si allontanò di là ». (Matteo,
19, 13-15) Le sue ossa così molli È
solo al momento della morte che i genitori, prima
incapaci di empatizzare, lo piangono a gran voce, come
scrive Giovanni di Pagolo Morelli (1400): « Tu gli
volevi bene e mai col tuo bene nol facesti contento; tu
nollo trattavi come figliuolo ma come istrano; tu non
volesti mai dargli un'ora di riposo [...] tu nollo
baciasti mai una volta che buon gli paresse; tu l'amacerasti
alla bottega e colle molte ispesse battiture ».69 Invano, o figli, v'ho nutriti,
invano Una
volta venuto al mondo, il bimbo diventa genitore del
padre e della madre, in aspetto positivo o negativo,
senza alcun rapporto con la sua età effettiva.
Indipendentemente dal sesso, viene spesso abbigliato con
uno stile simile a quello degli abiti indossati dalla madre
dei genitori, cioè non solo con un abito lungo, ma
anche fuori moda da almeno una generazione.71 La
madre è letteralmente rinata nel bambino; i piccoli non
solo vengono vestiti come « adulti in miniatura », ma
spesso chiaramente come donne in miniatura complete di décolleté. Fa espressamente che le sue
mammelle, Effettivamente la leggenda ammette un minimo di spiegazione razionale, giacché può accadere, raramente, che il neonato perda dal seno qualche goccia di liquido latteo come conseguenza del prelievo di ormoni femminili dalla madre. Certo c'è differenza tra questo e « l'innaturale ma corrente pratica di strizzare con forza i delicati seni del neonato, con le ruvide mani della bambinaia, ciò che è la causa maggiore di infiammazione di questa regione », come scrisse il pediatra americano Alexander Hamilton nel l793.77 Sentirsi baciare, succhiare e strizzare le mammelle è solo una piccola parte di ciò che poteva capitare al « bambino-seno »; all'inizio del secolo XIX, ecco, nella descrizione di un pediatra, un'altra pratica affine: Un'abitudine estremamente nociva e disgustosa è che bambinaie, zie e nonne tollerino che il bambino succhi loro le labbra. Ho avuto occasione di osservare il deperimento fisico di un fior di neonato, per avere succhiato le labbra della nonna malaticcia lungo più di sei mesi.78 Ho
trovato anche numerose testimonianze di genitori che «
leccano i bambini ». Doveva essere questo, per esempio,
ciò che intendeva George du Maurier quando raccontava di
una sua figliola appena nata: « La bambinaia me la porta
nel letto ogni mattina, così che possa leccarla con la
lingua rigida: ne provo un tale piacere che intendo
continuare finché avrà raggiunta 1'età della ragione
».79 Vero è che vi sono stati ovunque illimitati esempi di affetto filiale, ma in Roma ve n'è stato uno che non poteva comparire altrove. Una donna plebea di bassa condizione che dette alla luce un figlio ebbe il permesso di far visita alla propria madre, rinchiusa in prigione per punizione, e sempre venne perquisita dal carceriere per evitare che introducesse del cibo. Fu sorpresa mentre nutriva la madre col proprio seno. Come conseguenza per questa meraviglia, il devoto affetto della figlia fu ricompensato con la liberazione della madre, e ad entrambe fu concesso il mantenimento a vita; e il luogo in cui ciò accadde fu consacrato alla relativa dea, un tempio dedicato all'Affetto Filiale...80 La storia fu ripetuta attraverso i tempi, con valore di exemplum. Charron (1593) la definì «.ripercorrere all'indietro il fiume sino alla sorgente » 81; ed il tema fu ripreso da dipinti di Rubens, Vermeer ed altri. Spesso il bisogno di agire l'immagine del bambino-madre è irresistibile. A questo proposito è emblematico uno scherzo fatto a una bambina di sei anni dal Cardinale Mazzarino: Un giorno, mentre scherzava con lei su certi corteggiatori che si vantava di avere, prese a rimproverarle di essere rimasta in stato interessante [...] Le adattavano via via i vestiti facendole credere che stava ingrossandosi. E questo continuò per il tempo necessario a persuaderla della verosimiglianza della sua gravidanza [...] Venne il tempo del parto, e al mattino si ritrovò tra le lenzuola un bimbo appena nato. Non potete immaginare la sorpresa e l'angoscia che provò. «.Una cosa del genere » disse, « non è mai accaduta a nessuna se non alla Vergine Maria e a me, visto che non ho assolutamente avvertito dolore. » La regina venne per consolarla, e per offrirsi come madrina; molte donne si trattennero a spettegolare con lei, come avesse appena partorito.82 I
bambini si sono sempre presi cura, in modo concreto,
degli adulti. Già all'epoca dei romani, ragazzi e
ragazze servivano i genitori a tavola; durante il
Medioevo, tutti i bambini, esclusi gli appartenenti a
famiglie regnanti, si comportavano come domestici, in
casa propria o altrui, spesso dovendo rientrare da scuola
a mezzogiorno per servire i genitori.83 Non
è qui in discussione il fenomeno del lavoro infantile,
ma si deve ricordare che i bambini sbrigavano una mole
considerevole di lavoro, a partire solitamente dall'età
di quattro o cinque anni, molto prima che, nel secolo XIX,
il fatto s'imponesse all'opinione pubblica. Ricordo di aver visto una bambina di diciotto mesi consolare la madre, che piangeva in preda a un forte stato ansioso. Dapprima mise giù il poppatoio che stava succhiando, poi si mosse in modo da potersi avvicinare, per toccarla, e in una certa misura calmarla (ciò che a me non era neanche riuscito di tentare). Quando intuì che la madre era tornata serena, attraversò la stanza, si distese, tirò su il poppatoio e ricominciò a succhiare.84 In
passato avveniva di frequente che i bambini assumessero
questo ruolo. Un bambino, «.mai segnalatosi per i pianti o l'irrequietezza
[...] spesso quando era ancora molto piccolo e stava in
braccio alla madre, avrebbe allungato la manina per
asciugare le guance materne dalle lacrime ».85 I
medici cercavano di esortare le madri ad allattare esse
stesse i piccoli, invece di mandarli a balia, promettendo
che « come ricompensa, lui riservava mille tenerezze
[...] la bacia, le accarezza i capelli, il naso e le
orecchie, la vezzeggia ».86 Riguardo
a questo tema ho catalogato più di cinquecento quadri,
provenienti da ogni paese, ed ho scoperto che quelli che
mostrano il bambino che guarda la madre, le sorride e la
accarezza, sono più antichi di quelli raffiguranti la
madre che guarda il piccolo, gli sorride e lo accarezza (atteggiamenti
comunque rari, questi ultimi in qualsiasi dipinto). M.me du Puy-du-Fou non vuole che porti mia nipote. È del parere che significherebbe esporla ad un rischio, e alla fine sono d'accordo; non vorrei mettere in pericolo la « piccola signora », le voglio molto bene [...] È in grado di fare mille cose: parla, accarezza le persone, le picchia, si fa il segno della croce, chiede perdono, fa la riverenza, bacia la mano, fa le spallucce, balla, ti convince con maniere garbate, ti pizzica sotto il mento: in breve, è tutta un amore, con lei mi diverto per ore intere, tutti i giorni. Non voglio che muoia.87 Il bisogno di cure materne da parte dei genitori rappresentava per i figli un onere estremamente gravoso. A volte fu addirittura causa della loro morte. Una delle spiegazioni più frequenti, nel caso della morte di un bambino, era il soffocamento nel letto e sebbene sovente fosse solo un pretesto per nascondere l'infanticidio, i pediatri ammettevano che, quando era vero, ciò era dovuto al rifiuto, da parte della madre, di separarsi dal piccolo durante il sonno: « Non volendo staccarsi dal bambino, lo stringe ancora più forte mentre dorme, e così i seni gli tappano il nasino ».88 Era questa immagine da reversione del bambino come elemento rassicurante che stava dietro al monito, consuetamente rivolto ai genitori nel Medioevo, affinché non viziassero troppo i loro figlioletti, « come l'edera che uccide gli alberi che abbraccia, o come la scimmia che, per amore, stringe fra le braccia i piccoli sino a soffocarli ».89 Il principio psicologico: la doppia immagine Il
continuo oscillare tra reazioni di proiezione e reazioni
di reversione, tra il bambino visto come demonio e il
bambino visto come adulto, produce una « doppia immagine
» che è causa di molti singolari aspetti della
condizione infantile nei secoli scorsi. Abbiamo già
visto come questo oscillare dall'immagine adulta all'immagine
proiettata costituisca un presupposto per le percosse. Ma
possiamo avere un quadro più ricco della doppia immagine
esaminando nei particolari l'autentica testimonianza di
un infanzia del passato: si tratta del diario tenuto da
Héroard, medico di Luigi XIII che contiene annotazioni
quasi giornaliere sul comportamento del bimbo e di coloro
che lo circondavano. Spesso questo singolare documento ci
consente di intravedere come nella mente di Héroard si
producesse lo spostamento dall'una all'altra immagine,
come cioè la rappresentazione del piccolo passasse dalle
immagini di proiezione a quelle da reversione. Il giorno dopo la nascita [...] le sue urla non sembravano per niente quelle di un neonato, e quando succhiava il latte dal seno lo faceva con tali poppate, e spalancava tanto la bocca, che mangiava in una volta più di quanto altri bambini mangino in tre. Di conseguenza la sua nutrice restava quasi sempre senza latte [...] Non era mai sazio.91 L'immagine del Delfino dopo la prima settimana di vita (alternativamente un piccolo Ercole, che strangola i serpenti, e un Gargantua, che necessita di 17.913 vacche per l'allattamento) è in completa contraddizione con la realtà di un bambino malaticcio, debole, impedito dalle fasce, quale emerge dallo scritto di Héroard. Sebbene decine di persone fossero incaricate di averne cura, nessuno era capace di provvedere ai suoi elementari bisogni di cibo e di riposo. Si succedevano incessantemente inutili cambi di balie, e passeggiate, e gite più lunghe.92 All'età di due mesi il Delfino si trovò in punto di morte. L'ansia di Héroard aumentava, come forma di difesa contro l'ansia la sua reazione di reversione divenne più pronunciata: La balia gli chiede « Chi è quell'uomo? », ed egli risponde soddisfatto, col suo ciangottio, «.Erouad!.» (Héroard). Ognuno può vedere che il suo corpo non è cresciuto; e che non è stato nutrito. I muscoli del torace sono totalmente consunti, e la larga piega che aveva sulla nuca, adesso non è altro che pelle.93 A
circa dieci mesi, furono fissate alla sua veste le dande:
queste dovevano servire per insegnare al bambino a
camminare, ma il più delle volte servivano a maneggiarlo
e a controllarlo come un burattino. Questo fatto,
abbinato alle reazioni da proiezione di Héroard, rende
difficile capire cosa accadesse realmente, e come
agissero coloro che stavano intorno al piccolo Luigi. Per
esempio, ad undici mesi pare si diverta a tirar di
scherma con Héroard, con tanto entusiasmo che lo «
insegue ridendo per tutta la camera.»; ma un mese dopo
Héroard annota: « comincia ad andare in giro sostenuto
per le ascelle.» 94: dunque prima, quando
aveva « inseguito » Héroard, era stato esclusivamente
pilotato dalle dande. In effetti, dal momento che avrebbe
potuto formulare delle frasi solo molto più tardi, si
direbbe che Héroard soffra di allucinazioni quando
racconta di un ospite che rende visita al Delfino di
quattordici mesi, che « si gira e fissa tutti quelli che
stanno allineati lungo la balaustra, va a sceglierlo e
gli porge la mano, che il principe bacia. Entra M. d'Haucourt,
e dice di essere venuto a baciare la veste del Delfino;
egli si volta, e gli risponde che non è necessario farlo.».95 Il Delfino va dietro a M.lle Mercier, che urla perché M. de Montglat le ha dato uno sculaccione; anche il Delfino urla. La piccola si rifugia verso il letto. M. de Montglat la segue per sculacciarla, e lei si mette a piangere a più non posso, il Delfino la sente e attacca anche lui; si diverte, pesta i piedi, e vibra in tutto il corpo per la gioia [...] vengono chiamate le sue donne, lui le fa danzare, gioca con la piccola Margherita, la bacia, l'abbraccia; la butta a terra, le si getta sopra, tutto fremente e digrignando i denti [...] le nove in punto! [...] il Delfino si dà da fare per picchiarle le natiche con una verga. M.lle Bélier gli chiede: « Signore, cosa ha fatto M. de Montglat a M.lle Mercier? ». Lui, improvvisamente, comincia ad applaudire sorridendo, e a riscaldarsi via via sino ad essere trasportato dalla gioia, ridendo e battendo le mani per tre quarti d'ora buoni, e gettandosi a capofitto su di lei, come una persona che ha capito lo scherzo.97 Solo
raramente Héroard rivela che il Delfino, in queste
manovre sessuali, aveva un ruolo completamente passivo:
« La marchesa gli infila spesso una mano sotto la giubba;
viene messo a letto dalla bambinaia, che sta a giocare
con lui e spesso gli mette le mani sotto la giubba ».98 Più
di frequente, ci viene detto che veniva spogliato,
portato a letto con il re, la regina, o con entrambi, o
con diversi domestici, e coinvolto in manovre sessuali;
tutto questo da quando era un neonato sino ai sette anni,
almeno. Sono del parere che una delle ragioni a favore della circoncisione fosse la diminuzione dei rapporti sessuali e l'indebolimento degli organi sessuali; il fine era quello di comprimere l'attività di quest'organo e di lasciarlo a riposo il più possibile. Il vero proposito della circoncisione era di dare all'organo sessuale un tipo di dolore fisico che non recasse danno alla funzione naturale o alla potenza dell'individuo, ma che attenuasse il potere della passione e del desiderio.100 L'elemento
di reversione nella circoncisione può essere individuato
nel tema glande = capezzolo, quale risulta dai
particolari di una delle forme del rituale. Il pene del
piccolo è massaggiato fino all'erezione, e il prepuzio
viene inciso dall'unghia del mohel oppure dal
coltello, e poi strappato tutto intorno al glande. Poi il
mohel succhia il sangue dal glande.101 Tutto
ciò viene fatto per la stessa ragione per la quale tutti
baciavano il pene del Delfino, in quanto il pene, ed in
particolare il glande, rappresenta il capezzolo materno
recuperato, e il sangue è il latte.102 L'idea
che il sangue del bambino abbia qualità di latte magico,
è antica, e sta alla base di molti atti sacrificali.
Invece di esaminare questo complesso problema vorrei
però concentrarmi sulla circoncisione come prodotto dell'equazione
glande = capezzolo. Generalmente non si è a conoscenza
del fatto che l'esposizione del glande non costituiva un
problema per altri popoli oltre a quelli che praticavano
la circoncisione. Dai Greci e dai Romani il glande veniva
considerato sacro; la vista d'esso « provocava terrore e
meraviglia » 103 e
così legavano il prepuzio con una stringa, chiamata kynodesme,
oppure lo fissavano con una sorta di spilla la, fibula,
quest'operazione si chiamava infibulazione 104: la pratica dell'infibulazione,
sia per «.pudore » sia per « contenere la
lussuria », risulta seguita sporadicamente anche durante
il Rinascimento e in età moderna.105 Infanticidio e pulsione di morte verso i bambini In
opere ricche di documentazione clinica, lo psicanalista
Joseph Rheingold ha esaminato il desiderio di morte delle
madri nei confronti dei figli 108, e non solo ha scoperto
che esso è molto più diffuso di quanto si pensi, ma
anche che è causato da un vigoroso tentativo di «.distruggere » la
maternità per sfuggire alla punizione che, esse
immaginavano, le loro stesse madri avrebbero scatenato su
di loro. Rheingold cita casi di partorienti che implorano
la madre di non ucciderle, e fa risalire l'origine della
pulsione infanticida e dello stato depressivo post-partum
non all'ostilità verso il bambino in sé, ma al bisogno
di sacrificare il neonato per propiziarsi la propria
madre. Il personale ospedaliero, consapevole di una
pulsione omicida così diffusa, spesso non permette
contatti tra la madre e il figlio per qualche tempo. Le
scoperte di Rheingold, avvallate da Block, Zilboorg e
altri 109, sono complesse e hanno
implicazioni di vasta portata; in questa sede possiamo
solo mettere in evidenza come sia diffusissimo tra le
madri d'oggi tale impulso al figlicidio, accompagnato da
fantasie ben note agli psicanalisti, di pugnalare,
mutilare violentare, decapitare e strangolare. Penso che
quanto più si va indietro nella storia, tanto più
aumenti il numero di figlicidi realizzati o ideati dai
genitori. La storia dell'infanticidio in Occidente deve
ancora essere scritta, e non è qui il luogo per farlo.
Sappiamo però già abbastanza per stabilire che,
contrariamente alla diffusa opinione che l'infanticidio
rappresenti un fenomeno più orientale che occidentale,
esso veniva regolarmente praticato nell'antichità, su
illegittimi e su legittimi, e che riguardo a questi
ultimi diminuì lentamente solo durante il Medioevo,
mentre i figli naturali continuarono a venire soppressi
fino al secolo XIX.110 Due figli non sono inusuali, tre capitano di quando in quando, ma non viene mai allevata più di una figlia. Posidippo affermava: « anche un ricco abbandona almeno una figlia » [...] Come risulta dalla iscrizione del secolo II a Delfi, di seicento famiglie solo l'uno per cento teneva due figlie.114 La soppressione di figli legittimi anche da parte di genitori abbienti era così comune che Polibio la considera causa dello spopolamento della Grecia: Al tempo nostro la Grecia intera è stata afflitta da un tasso di natalità minimo e da un generale decremento della popolazione, a causa dei quali fatti intere città si sono svuotate e le campagne hanno smesso di dare frutti, sebbene non ci siano state né guerre continue né epidemie [...] poiché gli uomini sono caduti in un tale stato di pretenziosità, avarizia ed indolenza, da non desiderare di sposarsi, o, se si sposano, di allevare i figli, o comunque non più di uno o due.115 Sino al secolo IV d.C., né la legislazione né l'opinione pubblica greca o romana condannarono l'infanticidio. I più grandi filosofi condividevano questa posizione. Le poche citazioni che i classicisti considerano condanne dell'infanticidio, a me suggeriscono proprio l'opposto, come quando leggiamo in Aristotele: « Per ciò che riguarda l'abbandono o l'allevamento dei neonati, deve esserci una legge che non permetta di allevare figli deformi; ma circa il numero dei bambini, se gli usi e costumi impediscono il loro abbandono, dev'essere posto un limite alla procreazione ». Analogamente Musonio Rufo, chiamato a volte « il Socrate romano », viene spesso considerato un oppositore dell'infanticidio, ma il suo frammento « Si deve allevare ogni bambino nato? » chiaramente sostiene soltanto che i fratelli non vanno uccisi perché sono molto utili.116 La maggioranza dei classici approva poi apertamente l'infanticidio: come Aristippo, per il quale un uomo può fare dei suoi figli ciò che crede, visto che « eliminiamo saliva, pidocchi, e simili, come cose inutili, pur essendo prodotte ed avendo origine da noi stessi.» 117; o come Seneca, che sottolinea come tale pratica riguardi solo i bambini malati: Uccidiamo i cani idrofobi con un colpo sulla testa; abbattiamo il bue furioso e selvaggio; accoltelliamo la pecora malata per evitare che infetti il gregge; distruggiamo la progenie snaturata; affoghiamo anche i bambini che al momento della nascita siano deboli e anormali. Non è la rabbia, ma la ragione, che separa il nocivo dal sano.118 Il
tema dell'abbandono prende largo spazio nel mito, nella
tragedia, e nella commedia «.nuova.», di frequente costruita
intorno al soggetto, considerato esilarante, dell'infanticidio.
Nella Samia di Menandro, gran parte del
divertimento è incentrato su un uomo che cerca di fare a
pezzi e d'arrostire un neonato. Sempre in Menandro, nell'Arbitrato,
un pastore raccoglie un neonato abbandonato, pensa di
allevarlo, e infine cambia idea, considerando «.Cosa c'entro io col
tirar su i bambini, e tutto il resto? ». Lo cede allora
ad un altro, ma i due si azzuffano per decidere a chi
tocchi la collanina del piccolo.119 I genitori erano pienamente consapevoli di offrire i loro stessi figli; coloro che non ne avevano, li compravano dai poveri, e tagliavano loro la gola, come ad agnelli o capretti; durante il rito, la madre stava lì vicino senza una lacrima o un lamento; ma se emetteva anche un solo gemito o si lasciava sfuggire una lacrima, perdeva il denaro, e il figlio veniva ugualmente sacrificato; e tutto lo spiazzo antistante la statua era pieno di folla, con un gran rumore di flauti e di tamburi, così che le urla e i lamenti non raggiungessero le orecchie della gente.121 Il
sacrificio infantile è, naturalmente, la più concreta
dimostrazione della tesi di Rheingold sul figlicidio come
sacrificio alla madre dei genitori. Era praticato dai
Celti d'Irlanda, dai Galli, dagli Scandinavi, dagli
Egiziani, dai Fenici, dai Moabiti, dagli Ammoniti e, in
certi periodi, dagli Israeliti.122 Alcuni lo fanno con le loro stesse mani; con mostruosa crudeltà e barbarie soffocano il piccolo al primo respiro, oppure lo gettano in un fiume o nelle profondità del mare, dopo avergli attaccato qualcosa di pesante per far sì che affoghi prima. Altri li abbandonano in luoghi deserti, sperando, dicono, che vengano salvati, ma lasciandoli in realtà a patire il peggior destino. Così tutte le bestie che si cibano di carne umana giungono sul posto e fanno strazio, indisturbate, dei piccoli: un bel banchetto, offerto dai loro unici difensori, coloro che più d'ogni altro dovrebbero proteggerli, i padri e le madri. Anche gli uccelli rapaci arrivano calando giù ed ingurgitano i resti.128 Sebbene
durante i due secoli successivi ad Augusto si fossero
realizzati dei tentativi di ridurre il calo demografico
in Roma 129, pagando i genitori
perché lasciassero in vita i figli, un effettivo
mutamento non si manifestò che nel secolo IV. Solo nel
374 d.C. la legislazione cominciò a considerare come
omicidio l'uccisione di un neonato.130 Anche
l'opposizione dei Padri della Chiesa all'infanticidio si
direbbe basata più sull'interesse per l'anima del
genitore che per la vita del bambino. Tale inclinazione
emerge, per esempio, dall'opinione di San Giustino
martire, secondo il quale la ragione per cui un cristiano
non dovrebbe abbandonare il figlio consiste nel rischio
di incontrarlo poi magari in un bordello: « Per evitare
di molestare chicchessia o di commettere noi stessi
peccato, abbiamo insegnato che è male abbandonare un
bambino appena nato, prima di tutto perché possiamo
vedere come quasi tutti i piccoli abbandonati, non solo
le femmine, ma anche i maschi, vengano avviati alla
prostituzione ». 131 Dopo
il Concilio di Vaison (422 d.C.), il ritrovamento di un
piccolo abbandonato doveva venire annunciato in chiesa;
intorno al 787 d.C., a Milano, Dateo fondò il primo
asilo riservato all'infanzia abbandonata.133 Altri
paesi seguirono lo stesso tipo di evoluzione.134 Ad
onta di copiose testimonianze letterarie, il prolungarsi
del fenomeno dell'infanticidio lungo il Medioevo è,
comunque, di solito, negato dagli stessi storici, forti
del fatto che i documenti ecclesiastici e altre fonti
statistiche non registrano nulla al proposito. Ma se il
rapporto tra i due sessi (156 a 100 nell'801; 172 a 100
nel 1391) offre un'indicazione sulla soppressione delle
figlie legittime 135, e se gli illegittimi
erano soppressi senza distinzione di sesso la percentuale
effettiva di infanticidi nel Medioevo dovette essere
notevole. Certamente Innocenzo III era a conoscenza del
gran numero di donne che gettavano i figli nel Tevere,
allorché aprì a Roma l'ospedale di Santo Spirito.
Ancora nel 1527 un prete riconosce che «.le latrine risuonano del
pianto dei bambini in esse immersi ».136 Solo
recentemente si è dato l'avvio a una serie di studi
specifici sull'argomento, si può comunque ritenere
probabile che prima del secolo XVI fossero del tutto
sporadici i casi in cui l'infanticidio veniva punito.137 Certamente,
quando Vincenzo di Beauvais, nel secolo XIII, racconta di
un padre sempre preoccupato per la figlia che «
soffocava i suoi piccoli »; e quando i medici si
lamentano per i bambini « trovati nel gelo o nelle
strade, buttati via da una madre malvagia.»; e quando troviamo
nell'Inghilterra anglosassone che la legge considera
assassinati, salvo prova contraria, i bambini morti,
possiamo accogliere tali indizi come stimoli ad una
ricerca più sistematica sull'infanticidio nel Medioevo.138 E
solo perché i documenti ufficiali riportano un numero
modesto di nascite illegittime, certo non ci adattiamo a
credere che « nella società tradizionale le persone
osservano continenza sino al matrimonio », visto che
molte ragazze s'adoperavano a nascondere la loro
gravidanza alle madri con cui dividevano il letto 139, e che verosimilmente
la tenevano nascosta anche alla Chiesa. Li amava tutti, in un modo molto suo, bizzarro e disarmante [...] Ma quando gli sventurati genitori o parenti non potevano pagare, o non pagavano di proposito, la piccola somma per il loro mantenimento [...] si sbarazzava dei piccoli [...] Un giorno tornò dalla città con un fagotto oblungo [...] mi balenò un sospetto terribile: il bimbo nella culla stava morendo! [...] Quando piangeva, sentivo che si alzava, e lo allattava al buio, borbottando « Povero, povero piccino! ». Da allora ho tentato molte volte di immaginare cosa deve aver provato stringendo al seno un bambino che sapeva destinato a morire di sua mano [...] « Povero, povero piccino! » Parlava chiaro di proposito, per essere sicura che io udissi [...] « Frutto del peccato non per colpa tua, tu sei innocente [...] Presto te ne andrai, presto, presto, poverino [...] e se te ne vai ora, non andrai all'inferno, come faresti rimanendo in vita, e crescendo, e diventando un peccatore » [...] La mattina seguente, il bambino era morto [...].142 In passato, il bambino, subito dopo la nascita, veniva circondato dall'aura della morte e dalle contromisure opportune. Sin dall'antichità, esorcismi, purificazioni e amuleti magici erano ritenuti necessari per sconfiggere la schiera di poteri mortiferi in agguato sul piccolo: acqua fredda, fuoco, sangue, vino, sale, urina, si impiegavano per lui e per l'ambiente.143 In Grecia, certi villaggi isolati conservano tuttora dei riti per tener lontana la morte: Il neonato dorme, fasciato strettamente, in una culla di legno sospesa, completamente avvolta in una coperta, una sorta di tenda buia e senz'aria. Le madri temono gli effetti dell'aria fredda e degli spiriti diabolici [...] La casa, o la capanna, a sera si presenta come una città sotto assedio, le finestre chiuse con assi, la porta sprangata, sale ed incenso sparsi in punti strategici, come la soglia, per respingere ogni invasione del diavolo.144 Si
pensava che le vecchie, simboli, secondo Rheingold, della
nonna, le cui pulsioni di morte vanno respinte, avessero
un « malocchio » e che sotto il loro sguardo il bambino
sarebbe morto. Per allontanare le pulsioni di morte si
donavano al neonato degli amuleti, generalmente a forma
di pene, o un corallo, pure a forma fallica.145 Durante
la crescita, le pulsioni di morte verso di lui
continuavano a farsi strada. Epiteto osservava: « Che
male c'è se sussurrate a voi stessi, proprio mentre
state baciando vostro figlio, Domani tu
morirai?.».146 Un
italiano del Rinascimento, se un bambino faceva qualcosa
di intelligente, commentava: « Non è destinato a vivere
a lungo ».147 I
Padri di tutti i tempi, compreso Lutero, hanno detto ai
figli « Piuttosto un figlio morto che disobbediente ».148 Fenelon
suggerisce di porre al bambino domande di questo genere:
« Ti lasceresti tagliare la testa per andare in paradiso?
».149 Walter
Scott racconta che sua madre aveva confessato di essere
stata « fortemente tentata dal demonio di tagliargli la
gola con le forbici, e di seppellirlo nel muschio ».150 Leopardi
dice della madre: « Vedendo nei [figli] malati qualche
segno di morte vicina, sentiva una gioia profonda, che
cercava di dissimulare soltanto con quelli che la
condannavano ».151 Le
fonti sono ricche di esempi simili. Guardiamo i ciechi che girano per le strade appoggiati al bastone, e gli storpi, e anche quelli con le membra spezzate. Costui è senza braccia, quegli ha la spalla giù di posto per far ridere con la sua grottesca figura [...] Andiamo all'origine di tutti questi mali - un laboratorio per la fabbricazione di relitti umani - una grotta piena di membra strappate a bambini vivi [...] Che torto è stato fatto allo stato? Al contrario, questi bambini non hanno forse reso un servizio, visto che erano stati scacciati dai loro genitori? 155 A
volte si adoperava come un fantoccio o una palla il bimbo
in fasce. Un fratellino di Enrico IV cadde e rimase
ucciso, mentre veniva lanciato per divertimento da una
finestra all'altra.156 La
stessa sorte toccò al piccolo conte De Marle: « Uno dei
gentiluomini di servizio e la bambinaia che si prendeva
cura di lui si divertivano a lanciarlo avanti e indietro
attraverso una finestra aperta [...] Talvolta fingevano
forse di non afferrarlo [...] Il piccolo cadde e picchiò
su un gradino di pietra ».157 I
medici si lamentavano dei genitori che spaccavano le ossa
ai figli durante « l'abituale » lancio.158 Le
bambinaie dicevano che era necessario mettere il busto ai
piccoli « perché senza non si poteva farli saltare. E
ricordo che un eminente chirurgo raccontava che gli
avevano portato un bambino con diverse costole spezzate
dalla mano di uno che lo aveva fatto saltare senza busto
».159 I
dottori denunciavano anche che i bambini venivano cullati
in modo violento, « per stordire il pupo, affinché non
possa dar noia a quelli che si prendono cura di lui ».160 «
Per questa ragione, nel secolo XVIII, si cominciarono ad
usare culle fisse; Buchan sosteneva di essere contrario
alle culle per via della solita « bambinaia nervosa che,
invece di calmare la fortuita resistenza ad addormentarsi
del piccolo già coricato, andata su tutte le furie e,
nell'eccesso della sua follia e brutalità, cercava, con
vocianti minacce e col fracasso della culla, di coprire
le urla del bimbo, e di costringerlo al sonno ».161
Abbandono, allattamento, fasciatura Sebbene
si dessero eccezioni alla regola, sino al secolo XVIII il
figlio di genitori facoltosi trascorreva i suoi primi
anni presso la nutrice, e una volta tornato a casa, era
affidato alle cure di altri domestici; a sette anni,
veniva destinato a un servizio o a un apprendistato,
oppure mandato a scuola, sicché il tempo che i genitori
effettivamente dedicavano ai figli era minimo. Le
conseguenze di questi ed altri abbandoni
istituzionalizzati dei bambini da parte dei genitori
raramente sono state discusse.
Il periodo effettivamente trascorso a balia varia di molto, a secondo dell'epoca e della zona. La Tavola I elenca le testimonianze che sono riuscito a raccogliere sinora. Nella misura in cui essa indica le tendenze generali, è possibile che all'inizio dell'età moderna si sia abbreviato il tempo trascorso a balia, forse come conseguenza d'una diminuzione delle cure di tipo proiettivo. È anche vero che i dati sullo svezzamento diventano via via più precisi, perché i bambini sono sempre meno confinati presso la nutrice; Roesslin, per esempio, osserva: « Avicenna consiglia di allattare il bambino due anni, come può essere che da noi la maggior parte poppa solo un anno... ».194 Sicuramente l'osservazione di Alice Ryerson sul fatto che « l'età dello svezzamento, di fatto, s'abbassò drasticamente intorno al 1750 », pecca di superficialità.195 Benché si presumesse che le balie s'astenessero dall'avere rapporti sessuali durante l'allattamento, ciò avveniva di rado, e di solito lo svezzamento precedeva la nascita di un altro figlio; in Occidente, dunque, un allattamento protratto per più di due anni deve essere stato sempre eccezionale. Recipienti
per nutrire i bambini, di vario tipo e forma, sono
conosciuti sin dal 2000 a.C.; si usava latte di vacca e
di capra quando disponibile, e spesso il piccolo veniva
attaccato direttamente al capezzolo dell'animale per la
poppata.196 La
pappa, generalmente fatta con pane o farina bagnati in
acqua o latte, integrava o sostituiva il latte materno
dalle prime settimane di vita, e a volte i bambini ne
venivano ingozzati sino a provocarne il vomito.197 Qualsiasi
altro cibo, prima di essere somministrato al bimbo,
veniva masticato dalla balia.198 Oppio
e bevande alcoliche si propinarono in ogni tempo, per far
cessare le urla dei piccoli. Il papiro di Ebers parla
dell'efficacia di una miscela di semi di papavero e di
sterco di mosca: «.Agisce subito! ». Nel 1799 il
dottor Hume si lagnava delle migliaia di bambini uccisi
ogni anno dalle bambinaie: « Fanno bere loro di continuo
del cordiale Godfrey, che è un forte narcotico, e alla
fine mortale quanto l'arsenico. Così pretendono di farli
star buoni, ma in questo modo molti se ne stanno buoni
per sempre ». Dosi di liquore venivano quotidianamente
« somministrate alla piccola creatura che è incapace di
rifiutare, ma dimostra la sua avversione divincolandosi e
facendo smorfie ».199 Esistono sgabelli per bambini coi quali essi possono girare ovunque; quando le madri e le bambinaie li vedono muniti d'essi non si preoccupano più, li lasciano soli, vanno per i fatti loro supponendo che siano al sicuro, ma pensano ben poco al dolore e al tormento dei piccini [...] il povero bambino [...] deve stare ritto forse per ore, laddove anche mezz'ora sarebbe lunga [...] Io vorrei che tutti gli sgabelli di questo tipo venissero bruciati...214
Addestramento alla pulizia, disciplina e sesso Sebbene
già dall'antichità esistessero seggiole provviste di
vaso da notte sottostante, prima del secolo XVIII non ci
sono testimonianze sull'addestramento alla pulizia nei
primi mesi di vita del neonato. Benché i genitori si
lagnassero spesso, come Lutero, di come i figli «.insudiciavano gli angoli
», e nonostante i rimedi prescritti dai medici, comprese
le frustate, per la « pipì a letto » (normalmente i
bimbi dormivano con gli adulti), la lotta tra genitori e
figli per il controllo dell'urina e delle feci è un'invenzione
del secolo XVIII, il prodotto di un avanzato stato
psicogenetico.215 Si pensava che nell'intestino dei bambini albergasse una sostanza che comunicava col mondo degli adulti in tono di minaccia, con insolenza, malizia e insubordinazione. Il fatto che gli escrementi del bambino fossero sgradevoli alla vista e all'olfatto significava che egli stesso era mal disposto alla collaborazione; gli escrementi, dai quali veniva regolarmente ripulito, erano ritenuti l'oltraggioso messaggio di un demone interiore, rivelatori dei « cattivi umori » che si celavano in lui.218 Fu
solo nel secolo XVIII che il fulcro si spostò dall'enteroclisma
al vasino. Non solo l'addestramento alla pulizia iniziò
ad una minore età, in parte come risultato della
diminuzione dell'uso delle fasce, ma l'intero processo di
controllo, da parte del bambino, dei suoi rifiuti
organici fu investito di un'importanza, a livello
emozionale, precedentemente sconosciuta. Il combattere
con la volontà di un bambino di pochi mesi misurava la
forza del coinvolgimento tra genitori e figli, e
rappresentava un progresso, dal punto di vista
psicologico, rispetto al regno dell'enteroclisma.219 Ai ragazzi percossi sono capitati, per dolore o per paura, molti inconvenienti indecorosi a dirsi e destinati ad essere motivo di vergogna per l'avvenire: col risultato di creare un complesso di timidezza che li scoraggia, li abbatte e suggerisce loro la noia della vita e il desiderio del suicidio. E davvero, se troppo scarsa è stata la cura nella scelta dei sorveglianti e dei precettori, fa persino vergogna dire per quali infamie codesti scellerati abusino sconciamente del diritto di picchiare i ragazzi e quale opportunità il terrore di questi infelici offra anche agli altri. Non mi soffermerò su questo punto: è anche troppo quel che se ne può capire.243 Eschine cita alcune leggi ateniesi, miranti a limitare gli assalti sessuali a danno dei piccoli scolari: ... considerando il caso degli insegnanti [...] è chiaro che il legislatore diffida di loro [...] Si vieta agli insegnanti di aprire le aule, o agli allenatori ginnici le palestre di lotta, prima dell'alba, e si ordina loro di chiuderne le porte prima del tramonto; questo perché si sospetta, in sommo grado, del fatto che restino soli o nell'oscurità con un ragazzo.244 Quando
perseguì legalmente Trimarco con l'accusa di esercitare
la prostituzione, Eschine citò diversi uomini che
ammettevano di aver pagato per sodomizzare il ragazzo. L'oratore
ammetteva che molti, compreso lui stesso, erano stati
usati durante l'infanzia per scopi sessuali, però non
pagati, perché questo avrebbe reso la cosa illegale.245 Prove
sulla violenza a danno di bimbi più piccoli ci vengono
fornite dalla letteratura e dall'arte. Petronio ama
dipingere adulti che toccano l'« affarino acerbo » dei
ragazzi, e la sua descrizione dello stupro di una bambina
di sette anni, con le donne che applaudono intorno al
letto, indica il ruolo giocato dalle donne nell'ambito di
questo fenomeno storico.246 Aristotele
osserva che l'omosessualità spesso diventa abituale in
« coloro di cui si abusa fin dall'infanzia ». Si è
supposto che i bambini nudi in atto di servire adulti,
rappresentati nelle scene erotiche della pittura
vascolare, fossero di ceto servile; ma dato il ruolo di
serventi assunto abitualmente dai figli dei nobili, non
possiamo escludere che essi appartenessero invece alla
famiglia: tanto più che Quintiliano, a proposito dei
piccoli del patriziato romano, osserva: « La nostra
soddisfazione è grande, se diranno qualcosa di piccante.
Accogliamo con risa e baci parole che non si dovrebbero
permettere neppure alle scurrilità alessandrine [...]
siamo noi che gliele insegnamo, da noi le ascoltano,
vedono le nostre amiche, i nostri concubini; ogni
banchetto echeggia di canzoni oscene, si permette loro di
assistere a spettacoli, il cui nome basta a far arrossire
».247 Rimango in forse sopra quello che ancora mi rimane da dire [...] se ai giovani si debba concedere che abbiano amici di molta dimestichezza, e con essi conversino; ovvero se il meglio sia tenerli lontani dalla compagnia di costoro. Veramente quando io penso alla opinione affermata nella mente di alcuni padri di austeri costumi, che tali conversazioni siano intollerabili, come quelle che sono cagione della corruttela dei giovani, non mi pare di doverle approvare. [...] E senza ripetere i graziosi e gravi insieme ordinamenti di Platone, dirò in breve che si deve amare la bellezza dell'animo, e non quella del corpo.249 Come
quegli adulti che abbiamo visto abusare dei piccolo Luigi
XIII, così greci e romani non potevano tener le mani
lontano dai bambini, anche dai più piccoli. Svetonio
condanna Tiberio perché « addestrò fanciulli ancor
tenerelli, da lui chiamati pesciolini, a
guizzargli tra le cosce mentre nuotava [...] ed anche si
faceva accostare al membro, come a un capezzolo, bimbi
già alquanto cresciuti ma non ancor divezzati dalla
nutrice ». Svetonio potrà magari avere inventato la
storia, ma aveva ovviamente ragione di pensare che i suoi
lettori gli avrebbero creduto. Così, a quanto sembra,
fece anche Tacito, che racconta lo stesso episodio.250 Dal momento che siamo talvolta obbligati a compiere l'operazione, contro la nostra volontà, da persone di rango elevato [...] la si porta a termine mediante compressione; i bambini, ancora in tenera età, vengono immersi in un recipiente colmo di acqua calda, e, quando le parti si sono rammollite, bisogna schiacciare i testicoli con le dita, sino alla loro scomparsa. L'alternativa,
aggiunge, consiste nel mettere i piccoli su di un bancone
e tagliare via i testicoli. Molti medici antichi
menzionano l'operazione, e Giovenale attesta che venivano
spesso incaricati di eseguirla.255 Dorma vestito. almeno d'una camicia lunga più che a mezza gamba [...] né padre o madre e molto meno altre persone, né tocchi. S'io non fussi fastidiato di tanto prolisso scrivere, allegherei delle storie degli antichi, i quali appieno servano tal dottrina, per allevare i figliuoli buoni, non servi della carne.261 Il
fatto che nel Rinascimento si siano prodotti dei
cambiamenti nell'uso sessuale dei bambini, si può
inferire non solo dal numero crescente di moralisti che
lo condannano (Jean Gerson, come la bambinaia di Luigi
XIII, osserva che è dovere del bambino prevenire
le altrui molestie), ma anche dalla produzione artistica
di questo periodo. Non solo i quadri rinascimentali sono
gremiti di putti nudi, e di cupidi che si sbendano gli
occhi di fronte a donne nude, ma sempre più spesso si
rappresentavano bambini veri, nell'atto di solleticare il
mento alla madre, o di mettere una gamba sopra quelle di
lei, entrambi convenzionali segni iconografici dell'amore
sensuale, e la madre era spesso rappresentata con le mani
vicine all'area genitale del figlio.262
Periodizzazione delle modalità del rapporto genitori-figli Poiché c'è ancora chi
uccide, picchia e violenta sessualmente bambini, ogni
tentativo di periodizzare la storia dell'educazione
infantile deve tener conto preliminarmente del fatto che
l'evoluzione psicogenetica procede con ritmo diverso
nelle diverse linee familiari, e che molti genitori
risultano « bloccati » al livello di modelli storici
precedenti. Importanti differenze si registrano anche tra
le varie aree e classi sociali, specialmente in età
moderna, dal momento in cui le classi superiori non
mandarono più i figli a balia, ma se li allevarono in
casa. La periodizzazione seguente dovrebbe essere intesa
come un'indicazione delle modalità con le quali il
rapporto genitori-figli avveniva tra le persone
psicogeneticamente più avanzate, e appartenenti alle
nazioni più sviluppate; i dati sono i primi che ho
riscontrato nelle fonti a mia disposizione. La serie dei
sei modelli rappresenta una sequenza continua di
ravvicinamenti tra genitori e figli, poiché, generazione
dopo generazione, i genitori vincono le loro ansie ed
iniziano a sviluppare la capacità di identificare e di
soddisfare i bisogni del figlio. Credo anche che l'elenco
fornisca una tassologia estremamente significativa dei
modelli contemporanei di educazione infantile.
2. L'abbandono (dal IV al XIII secolo d.C.): una volta accettata, da parte dei genitori, l'idea che il bambino avesse un'anima, il solo modo a loro disposizione per sottrarsi ai pericoli delle proprie proiezioni era quello di abbandonarlo, o alla balia, o in monasteri di frati o suore, o in adozione a qualche famiglia, o come domestico o ostaggio presso altre famiglie nobili, oppure, pur mantenendolo in famiglia, di creare attorno a lui un clima di abbandono psicologico. Griselda potrebbe essere il simbolo di questo modello, lei che di buon grado abbandonò i figli per provare al marito il suo amore; oppure potrebbe esserlo uno di quei dipinti così popolari sino al XIII secolo, con Maria che stringe meccanicamente il piccolo Gesù. Le proiezioni continuavano ad essere imponenti, il bambino era ancora considerato ricettacolo di male e bisognava sempre picchiarlo; però, come si evince dalla diminuzione della sodomia, diminuiva considerevolmente la reazione di reversione. 3. L'ambivalenza (dal XIV al XVII secolo): poiché il bambino, anche quando gli veniva concesso di entrare nella vita emozionale dei genitori, restava pur sempre un contenitore di proiezioni pericolose, era loro compito il plasmarlo secondo una forma stabilita. Da Dominici a Locke non c'è topos più diffuso di quello di modellare il bambino, considerato come duttile cera, gesso e argilla, cui imprimere una determinata forma. Tale modello è contrassegnato da un'enorme ambivalenza. L'inizio di questo periodo si colloca approssimativamente attorno al XIV secolo, quando si verificano un incremento del numero dei manuali sull'educazione infantile, l'espansione del culto di Maria e del Bambino Gesù, e la proliferazione nell'arte del tipo iconografico della « madre vicina ». 4. L'intrusione (secolo XVIII): il vistoso mutamento nei rapporti genitori-figli che fece la sua comparsa durante il XVIII secolo, ebbe come risultato una forte riduzione delle proiezioni e la virtuale scomparsa della reversione. Il piccolo non era più così pieno di proiezioni pericolose, e piuttosto che limitarsi ad esaminarne il ventre con un enteroclisma, i genitori gli si avvicinavano sempre più e tentavano di conquistarne la mente, per riuscire a controllarne dall'interno la collera, i bisogni, la masturbazione, l'esatta volontà. Il bambino allevato da genitori del tipo intrusivo era allattato dalla madre, non fasciato; non gli venivano somministrati regolarmente enteroclismi, ma era precocemente avviato al controllo degli sfinteri, e si pregava con lui (ma non si giocava con lui); veniva picchiato, ma non frustato con regolarità, punito se si masturbava, reso obbediente con minacce e colpevolizzazione, così come con altri sistemi punitivi. Quanto più si rendeva possibile una vera empatia, tanto meno il bambino appariva una minaccia; era nata la pediatria, che, insieme al generale miglioramento delle cure da parte dei genitori, ridusse la mortalità infantile, e fornì la base per il mutamento demografico del secolo. 5. La socializzazione (dall'inizio del secolo XIX alla metà del secolo XX): con la progressiva diminuzione delle proiezioni, l'educazione infantile divenne sempre meno un processo di conquista della volontà del bambino, e sempre più un modo di avviarlo, guidarlo sulla via opportuna, di insegnargli ad adeguarsi all'ambiente e a socializzare. La socializzazione viene tuttora ritenuta dalla maggior parte delle persone il solo modello entro il quale può procedere il dibattito sulle cure infantili, ed è stata la fonte di tutti i modelli psicologici del secolo XX, dalla « canalizzazione degli impulsi » di Freud al comportamentismo di Skinner, è, in modo particolare, il modello del funzionalismo sociologico. Inoltre, è durante il nostro secolo che il padre inizia ad avere, per la prima volta, un interesse non solo occasionale per il figlio, allevandolo e, talvolta, alleviando il lavoro materno per prendersi cura di lui. 6. L'aiuto (dalla seconda metà del secolo XX): questo modello presuppone che il bambino conosca meglio dei genitori ciò di cui abbisogna in ogni momento della sua vita, e coinvolge completamente entrambi i genitori nella vita del figlio, tramite il loro sforzo di empatizzare con lui, e di rispondere alle sue richieste in continua espansione. Non esiste ormai nessun tentativo di disciplinarlo, o di formarlo secondo « un costume »; non viene né picchiato né rimproverato, e gli si chiede scusa se il genitore, « stressato », se la prende con lui. Il modello d'aiuto richiede un'enorme quantità di tempo e di energia, e implica discussioni tra i genitori, soprattutto durante i primi sei anni di vita: aiutare il figlio a raggiungere i suoi piccoli traguardi giornalieri, significa rispondergli in continuazione, giocare con lui, tollerarne le regressioni, essere a sua disposizione (anziché il contrario), interpretare i suoi conflitti emozionali, e procurare oggetti specifici ai suoi interessi in via di sviluppo. Sinora solo un ristretto gruppo di genitori ha realmente sperimentato questo metodo educativo. Dai quattro libri che descrivono bambini allevati in questo modo 272, risulta evidente che si sta producendo un bambino dolce, sincero, mai depresso, mai imitativo o orientato verso il gruppo, con un forte carattere, e mai intimidito dall'autorità.
La teoria psicogenetica: un nuovo paradigma per la storia Io
credo che la teoria psicogenetica possa fornire un
paradigma veramente nuovo per lo studio della storia.273 Essa
inverte il solito « mente come tabula rasa », e
considera invece il « mondo come tabula rasa »,
collocando ogni generazione in un mondo di oggetti senza
senso, che vengono investiti di significato solo se il
bambino riceve un certo tipo di attenzioni.274 Non
appena si modifica il modello per un numero adeguato di
bambini, tutti i libri e manufatti esistenti vengono
messi in discussione come irrilevanti per i propositi
della nuova generazione, e la società comincia a
spostarsi verso direzioni imprevedibili. Come il
mutamento storico sia connesso col cambiamento nelle cure
dei bambini, dobbiamo ancora capirlo. In questo libro ci
siamo astenuti dal discutere la questione, ma in futuro
non sarà così. La maggior parte di noi ha già iniziato
a lavorare su articoli che estenderanno le conclusioni
del lavoro sull'infanzia all'area più vasta della
psicostoria, e abbiamo fondato una nuova rivista
specializzata, History of Childhood
Quarterly: The Journal of Psychohistory, dove pubblicare i
nostri studi futuri.
Note Desidero esprimere i
più sinceri ringraziamenti, per i commenti a questo
saggio, a mia moglie Gladys, a John Benton, Edward
Shorter, Henry Ebel, Rudolph Binion, William Dresden, e
naturalmente a ognuno dei collaboratori a questo volume. 1 LASLETT P., Il mondo che abbiamo perduto, Jaca Book, Milano, 1979, pp. 128-129. 2 BOSSARD J., The sociology of child development, New York, 1948, p. 598; tr. it., Sociologia dello sviluppo infantile, Franco Angeli, Milano, 19733. 3 ROHEIM G., « The study of character development and the ontogenetic theory of culture », in EVANS-PRITCHARD E., a cura di, Essays presented to C.G. Seligman, Londra, 1934, p. 292; KARDINER A., L'individuo e la sua società, Bompiani, Milano, 1967; Freud elude il problema ipotizzando una « eredità di disposizioni psichiche »: FREUD S., Totem e tabù, in Opere, Boringhieri, Torino, 1968, vol. VII. 4 NEMY E., « Child abuse: does it stem from the nation's ills and its culture? », in New York Times, 16 agosto 1971, p. 16; alcune stime raggiungono addirittura i due milioni e mezzo di bambini di cui si abusa, vedi FONTANA V., Somewhere a child is crying, New York, 1973, p. 38. 5 Una valutazione di alcune tra le opere più recenti può essere trovata in SOMMERVILLE J., «.Towards a history of childhood and youth », in Journal of interdisciplinary history, 3 (1972); pp. 438-447; e SAVETH E., « The problem of american family history », in American quarterly, 21 (1969), pp. 311-329. 6 Vedi specialmente SMELSER N., Il mutamento sociale nella rivoluzione industriale, Etas Libri, Milano, 1978; WEINSTEIN F. e PLATT G., The wish to be free: society, psyche, and value change, Berkeley e Los Angeles, 1969; e PARSONS T. e BALES R., Famiglia e socializzazione, Mondadori, Milano, 1974. 7 Vedi COVENEY P., The image of childhood: the individual and society: a study of the theme in English Literature, Baltimora 1967; AVERY G., Nineteenth century children: heroes and heroines in English children's stories, 1780-1900, Londra, 1965; HARVEY DARTON F.J., Children's books in England: five centuries of social life, Cambridge, 1966; HAZARD P., Uomini, ragazzi e libri, Armando, Roma 19714. 8 Le migliori storie dell'infanzia comprendono: ABBOTT G., The child and the state, Chicago, 1938; ABT-GARRISON, History of pediatrics, Philadelphia, 1965; ARIÈS P., Padri e figli nell'Europa meridionale e moderna, Laterza, Bari, 19813; ARMENS S., Archetypes of the family in literature, Seattle, 1966; BAKAN D., Slaughter of the innocents, San Francisco, 1971; BARNARD H.C., The French tradition in education, Cambridge, 1922; BAYNE-POWELL R., The English child in the eighteenth century, Londra, 1939; BECK F., Greek education: 450-350 B.C., Londra, 1964; BEDFORD J. (pseud. Godfrey E.), English children in the olden time, Londra, 1907; BLUMNER H., The home life of the ancient Greeks, New York 1966; BOSSARD J., op. cit.; BREMNER R., a cura di, Children and youth in America: a documentary history, Cambridge, Massachusetts, 1970; BURTON E., The early Victorians at home 1837-1861, Londra, 1972; BYRNE C., Elizabethan life in town and country, Londra, 1961; CAULFIELD E., The infant welfare movement in the eighteenth century, New York, 1931; CHRISMAN O., The historical child, Boston, 1920; CUNNINGTON P. e BOCK A., Children's costume in England: from the fourteenth to the end of nineteenth century, New York, 1965; DEMOS J., A little Commonwealth: family life in Plymouth colony, New York, 1970; DESPERT J.L., The emotionally disturbed child: then and now, New York, 1967; DUBY G., La société aux XIe et XIIe siècles dans la région maconnaise, Parigi, 1953; MORSE EARLE A., Child life in colonial days, New York, 1899; GATHORNE-HARDY J., The rise and fall of the british nanny, Londra, 1972; GOODSELL W, A history of marriage and the family, New York, 1934; GORMAN M.R., The nurse in Greek life: a dissertation, Boston, 1917; HARE E.H., « Masturbatory insanity: the history of an idea », in Journal of mental science, 108 (1962), pp. 2-25; HOFFMAN E., Children in the past, Londra, n.d.; HOLE C., English home-life, 1450 to 1800, Londra, 1947; HUNT D., Parents and children in history, New York, 1970; KUHN A.L., The mothers role in childhood education: New England concepts 1830-1860, New Haven, 1947; LACEY W.K., The family in classical Greece, Ithaca, New York, 1968; LOCHEAD M., Their first ten years: victorian childhood, Londra, 1956; MACFARLANE A., The family life of Ralph Josselin: a seventeenth century clergiman, Cambridge, 1970; MARPLES M., Princes in the making: a study of royal education, Londra, 1965; MARROU H.I., Storia delleducazione nellantichità, Studium, Roma, 19782; MERCER R.W., Lenfant dans la société du XVIIIe siècle, Dakar, 1951; MORGAN E.S., The puritan family: religion & domestic relations in seventeenth-century New England, New York, 1966; PAYNE G.H., The child in human progress, New York, 1916; PEARSON L.E., Elizabethans at home, Stanford, California, 1957; PEIPER A., Chronik der Kinderheilkunde, Lipsia, 1966; PECTERS H., Kind en juegdige in het begin van de modern tijd, Anversa, 1966; PINCHBECK I. e HEWITT M., From Tudor times to the eighteenth century, in Children in English society, Londra, 1969, vol. 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Women in antiquity, Londra, 1956, p. 72. 10 MILLER D. e SWANSON G., The changing american parent: a study in the Detroit area, New York, 1958, p. 10. 11 BAYNE-POWELL, English child, cit., p. 6. 12 LASLETT P., Il mondo che abbiamo perduto, cit., p. 27; E.S. Morgan è daccordo nel sostenere che i genitori puritani allontanavano i figli in tenera età solo perché « timorosi di rovinarli con un affetto troppo grande », Puritan family, cit., p. 77. 13 SLOANE W., Childrens books in England and America in the seventeenth century, New York, 1955, p. 19. 14 ARIÈS P., op. cit., p. 117. 16 VALENTINE A., Fathers to Sons: advice without consent, Norman, Oklahoma, 1963, p. XXX. 17 ROBESON BURR A., The autobiography: a critical and comparative study, Boston, 1909; vedi anche PLANK E., « Memories of early childhood in autobiographies », in The psychoanalytic study of the child, New York, 1953, vol. VIII. 18 MANUEL F., « The use and the abuse of psychology in history », in Daedalus, 100 (1971), p. 203. 19 ARIÈS P., op. cit., pp. 33, 7. 20 Una enorme bibliografia e molti esempi di bambini nella pittura dellAlto Medioevo si trovano in LASAREFF V., « Studies in the iconography of the Virgin », in Art Bulletin, 20 (1938), pp. 26-65. 21 DAVIS N., « The reason of misrule », in Past and Present, 50 (1971), pp. 61-62; BOLL F., Die Lebensalter: Ein Beitrag zue antiken Ethologie und zur Geschichte der Zahlen, Lipsia e Berlino, 1913, presenta la migliore bibliografia sulle « Età dell'uomo »; per tutte le variazioni nellinglese antico della parola « child » vedi BACK H., The synonyms for « child », « boy », « girl », in Old English, Londra, 1934. 22 SENNETT R., Families against the city, Cambridge, Massachusetts, 1970; KETT J., « Adolescence and youth in nineteenth century America », in The journal of interdisciplinary history, 2 (1971), pp. 283-299; DEMOS J. e V., « Adolescence in historical perspective », in Journal of marriage and family, 31 (1969), pp. 632-633. 24 MELTZER D., Il processo psicoanalitico, Armando, Roma, 1971; ROSENFELD H.A., Stati psicotici, Armando, Roma, 1973. Il significato di questo termine, che nella tradizione italiana è reso con « seno-gabinetto », è illustrato dallo stesso Meltzer nei seguenti passi (p. 55 e segg.): « [...] con questo nome intendo indicare sia la natura di oggetto parziale, sia il fatto che loggetto è valutato ed è necessario, ma non è amato [...]. La scissione delloggetto può perdurare a lungo, di modo che lanalista è soltanto un gabinetto, mentre tutte le cose buone a introiettarsi vengono dalla madre, dallinsegnante, dai fratelli e amici ». È a questo concetto che deMause si riferisce più avanti, quando introduce il termine « toilet-child », che ugualmente verrà lasciato in inglese nel testo. (N.d.T.) 25 STEELE B., « Parental abuse of infants and small children », in ANTHONY J. e BENEDEK T., a cura di, Parenthood: its psychology and psychopatology, Boston, 1970; GIL. D.G., Violence against children: physical child abuse in the United States, Cambridge, Massachusetts, 1970; STEELE B. e POLLOCK C., « A psychiatric study of parents who abuse infants and small children », in HELFER R. e KEMPE H., a cura di, The battered child, Chicago, 1968; pp. 103-145; GALDSTON R., «.Dysfunctions of parenting: the battered child, the neglected child, the exploited child », in HOWELLS J., a cura di, Modern perspectives in international child psychiatry, New York, 1971, pp. 571-584. 26 REIK T., Listening with the third ear, New York, 1950; vedi anche OLINICK S. , « On empathy and regression in service of the Other », in British journal of medical psychology, 42 (1969), pp. 40-47. 27 RESTIF DE LA BRETONNE N., Monsieur Nicolas: ou le Cur humain devoilé, Parigi, 1926, cap. I. 28 BATESON G., Verso unecologia della mente, Adelphi, Milano, 19802. 29 CUNNINGHAM B., « Beaten kids, sick parents », in New York Post, 23 febbraio 1972, p. 14. 30 ARNOLD S., An astonishing affair!, Concord, 1830, pp. 73-81. 31 POWELL, Domestic relations, cit., p. 110. 32 MATHER C., The diary of Cotton Mather, New York, n.d., vol. I, p. 283. 34 HOLLIDAY C., Womans life in colonial Boston, Boston, 1922, p. 25. 35 ALLESTREE R., The whole duty of man, Londra, 1766, p. 20. 36 THOMAS K., Religion and the decline of magic, New York, 1971, p. 479; SAUNDERS B., The age of candlelight: the english social scene in the l7th century, Londra, 1959, p. 88; OESTERREICH K., Possession, demoniacal and other among primitive races, in antiquity, the Middle Ages, and modem times, New York, 1930; GRUNEWALD, nel suo « San Ciriaco », mostra una ragazza che sta per essere esorcizzata, con la bocca tenuta aperta a forza per lasciare uscire il demonio. 37 LEVIN S., Childhood in exile, New York, 1929, pp. 58-59. 38 HAFFTER C., « The changeling: history and psychodynamics of attitudes to handicapped children in european folklore », in Journal of the history of the behavioral sciences, 4 (1968), pp. 55-61, contiene la migliore bibliografia; vedi anche BAYNE-POWELL, English child, cit., p. 247; e PEARSON, Elizabethans, cit., p. 217. 39 SANTAGOSTINO, Contra Iulianum. 40 LECKY W., History of the rise and influence of the spirit of rationalism in Europe, New York, 1867, p. 362. 41 In HAFFTER, Changeling, cit., p. 58. 42 GILBERTO DA NOGENT (abate), De vita sua sive monodiarum libri III. 43 COULTON G.G., Social life in Britain: from the conquest to the reformation, Cambridge, 1918, p. 46. 44 BENEDICT R., « Child rearing in certain european countries », in American journal of orthopsychiatry, 19 (1949), pp. 345-346. 45 DIONE CRISOSTOMO, Orationes. 46 MAFFEO VEGIO, De liberorum educatione et claris moribus libri sex. 47 HOLLIDAY C., Womans life, cit., p. 18. 48 BROPHY B., Black ship to hell, New York, 1962, p. 361. 49 SORIANO M., « From tales of warning to formulettes: the oral tradition in French childrens literature », in Yale french studies, vol. 43 (1969), p. 31; FRENCH M., Thoughts on education by a parent, Southampton, non pubblicato, 181-?, p. 42; ROE, op. cit., p. 11; ABBOTT J., Gentle measures in the management and training of the youth, New York, 1871, p. 18; MOTT J., Observations on the education of children, New York, 1816, p. 5; PREYER W., The mind of the child, New York, 1896, p. 164; BYRD W., Another secret diary, Richmond, 1942, p. 449; DE PIERRE DE BERNIS F.J., Memoirs and letters, Boston, 1901, p. 90. 50 FRENCH, Thoughts, cit., p. 43. Cfr. anche HITCHCOCK E., Memoirs of the Bloomsgrove family, Boston, 1970, voI. I, p. 109; ORIGO I., Leopardi, Rizzoli, Milano, 1974; TAINE H.A., The Ancient Regime, Gloucester, Massachusetts, 1962, p. 130; HORKAN V., Educational theories and principles of Maffeo Vegio, Washington, 1953, p. 152; WEETON E., Miss Weeton: journal of a governess, Londra, 1936, p. 58. 51 WYLIE L., Village in the Vaucluse, New York, 1957, p. 52. 52 Dialogues on the passions, habits and affections peculiar to children, Londra, 1748, p. 31; MOST G.F., Der Mensch in der ersten sieben Lebensjahren, Lipsia, 1839, p. 116. 53 HETT P.F., a cura di, The memoirs of Susan Sibbald, 1783-1812, p. 176. 54 WHITE R., From infancy to womanhood: a book of instruction for young mothers, Londra, 1882, p. 31. 55 STRABONE, Strabonis geographica, vol. I; EPITTETO, The Discourses as reported by Arrian, tr. W.A. Oldfather, Cambridge, Massachusetts, 1967, p. 217. 56 DIONE CRISOSTOMO, Orationes. 57 JOHNSON A.C., Peasant life in Germany, New York, 1858, p. 353. Ho raccolto numerose testimonianze del fatto che questa pratica ha avuto un seguito anche nel secolo XX. 58 RICHTER J.P.F., Levana e altri scritti, Utet, Torino, 1972, pp. 351, 352. 59 SHERWOOD M., The history of the Fairchild Family, Londra n.d. 60 TAYLOR, Angel makers cit. p. 312; MOST, Mensch, cit. p. 118; KEMBLE F.A., Records of a girlhood, New York, 1879, p. 27; HORKAN, Educational theories, cit., p. 117; DUNN C., The natural history of the child, New York, 1920, p. 300; MASTONE GRAHAM E., Children of France, New York, n.d.; HETT, Memoirs, cit., p. 10; BLOCH I., Sexual life in England, Londra, 1958, p. 361; BESSBOROUGH H., Lady Bessborough and her family circle, Londra, 1940, pp. 22-24; SANGSTER, Pity, cit, pp. 33-34. 61 MAFFEO VEGIO, De liberorum, cit. 62 Memoir of Elizabeth Jones, New York, 1841, p. 13. 63 PEEL C.S., The stream of time: social and domestic life in England 1805-1861, Londra, 1931, p. 40. 64 BESSBOROUGH, Lady Bessborough, cit., pp. 23-24. 65 WHITING J. e CHILD I., Child training and personality: a cross cultural study, New Haven, 1953, p. 343. 66 BRYCE BOYER L., « Psychological problems of a group of Apaches: alcoholic hallucinosis and latent homosexuality among typical men », in The psychoanalytic study of society, vol. 3 (1964), p. 225. 67 BRIGGS A., How they lived, New York, 1969, vol. 3, p. 27. 68 MARZIALE, Epigrammi, Einaudi, Torino, 1973, Libro V, n. 34, p. 321. 69 DI PAGOLO MORELLI G., Ricordi, Le Monnier, Firenze, 19692, pp. 500-502. 70 EURIPIDE, Medea, versi 1029-1036; anche Giasone compatisce solo se stesso, vedi versi 1325-1327. 71 ARIÈS P., op. cit., p. 61; STRUVE C.A., A familiar treatise on the physical education of children, Londra, 1801, p. 299. 72 VAUGHAN A., The genesis of human offspring: a study in early greek culture, Menasha, Wisconsin, 1945, p. 107; HASTINGS J., a cura di, A dictionary of Christ and the Gospels, New York, 1911, p. 533. 73 KETT, op. cit., pp. 35, 230. 74 SOULIÉ E. e DE BARTHÉLEMY E., a cura di, Journal de Jean Héroard sur lenfance et la jeunesse de Louis XIII, Parigi, 1868, vol. 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Vedi anche la legale approvazione dellinfanticidio nel Codice di Gortina, IV: 21, 23, e DARESTE R., a cura di, Recueil des inscriptions juridiques grecques, Parigi, 1894, p. 365. 117 BATTY B., The christian mans closet, 1581, p. 28. 118 SENECA, Epistulae morales. 119 MENANDRO, Samia, Arbitratus; SLATER P.E., The glory of Hera: greek mythology and the greek family, Boston, 1968. 120 VALLOIS H.V., « The social life of early man: the evidence of Skeletons », in WASHBURN S.L., a cura di, Social life of early men, Chicago, 1961, p. 225. 122 WELLISCH E., Isaac and Oedipus, Londra, 1954, pp. 11-14; PAYNE, Child, cit., pp. 8, 160; SEIDENBERG R., « Sacrificing the first you see », in The psychoanalytic review, 53 (1966), pp. 52-60; BECK S., « Abrahams ordeal: creation of a new reality », in The psychoanalytic review, 50 (1963), pp. 175-185; THASS-THIENEMANN T., The subconscious language, New York, 1967, pp. 302-306 (tr. it. 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È interessante notare come un secolo prima della campagna di Cadogan contro le fasciature, la madri iniziarono a ridurre l'età dell'eliminazione delle stesse, e che dottori precedenti come Glisson, si opponevano a tale trasformazione, tenendo a confermare l'origine psicogenetica nella stessa famiglia. 212 CUNNINGTON, Childrens costume, cit., pp. 68-69; KING-HALL M., The story of the nursery, Londra, 1958, pp. 83, 129; CHAPONE, Improvement, cit., p. 199; DE ST. MARTHE, Paedotrophia, cit., p. 67; SUNLEY R., « Early nineteenth-century literature on child rearing », in MEAD M., WOLFENSTEIN M., a cura di, Childhood in contemporary cultures, Chicago, 1955, p. 155; KUNH, Mothers role, cit., p, 141; WILCOX, Five centuries, cit.; EARLE MORSE A., Two centuries of costume in America, cit., vol. 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Boston, 1877, vol. I, p. 11; GENINGES J., The life and death of Mr.
Edmund Geninges, Priest, 1614, p. 18; THOMPSON, Religion, cit.,
p. 471. 272 NEILL A.S., The free child, Londra, 1952; RITTER J. e P., The free family: a creative experiment in self-regulation for children, Londra, 1959; DEAKIN M., The children on the hill, Londra, 1972; ed il mio libro su mio figlio, che non è ancora in stampa. 273 Nonostante la singola linea di evoluzione descritta, la teoria psicogenetica della storia non è unilineare bensì multilineare, poiché anche le condizioni esterne alla famiglia, in ogni società, hanno effetto sull'andamento del rapporto genitori-figli. Non abbiamo nessun diritto di ridurre tutte le altre fonti sui mutamenti storici alla nostra teoria. Piuttosto che un esempio di riduzionismo psicologico, questa teoria è veramente un'intenzionale applicazione dell'«.individualismo metodologico » così come descritto da HAYEK F.A., The counter-revolution of science, Glencoe, 1952; POPPER K.R., La società aperta e i suoi nemici, Armando, Roma, 1977; WATCKINS J.W.N., « Methodological individualism and non-hempelian ideal types », in KRIMERMAN L., a cura di, The nature and scope of social science, New York, 1969, pp. 457-472. Vedi anche WISDOM J.O., « Situational individualism and the emergent group properties », in BORGER R. e CIOFFI F., a cura di, Explanation in the behavioral sciences, Cambridge, Massachusetts, 1970, pp. 271-296. 274
Le citazioni sono tratte da HALL C.S., « Out of a dream came the
faucet », in Psychoanalysis and the psychoanalytic
review, 49 (1962).
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